Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 21 Domenica calendario

Il deep web è il regno dell’antipolitica

Mi chiedi perché parlo di politica qui nel deep web e non fuori? La risposta è semplice: qui mi sento ascoltato, rispettato e protetto. C’è libertà di pensiero e di opinione, nessuno ti giudica, ci si confronta e basta. In fin dei conti è una zona franca, in cui rifugiarsi”.
Nickname Syd, è uno degli utenti più attivi di un forum della darknet su argomenti di carattere politico. Specifica che preferisce definirla “antipolitica” perché ormai “quel termine”, politica, ha assunto una connotazione negativa. “L’anonimato assicurato qui – spiega – non ti protegge solo dalle ingerenze dello Stato e dei suoi ciechi seguaci, ma anche dalle assurdità delle persone. Qui sai che sei puro pensiero, a nessuno mai verrà in mente di collegare quello che pensi a ciò che fai, hai o sei nella vita reale. I dibattiti hanno questa caratteristica: chi li inizia, chi decide di parteciparvi, è consapevole del fatto che non potrà mai sapere con chi sta parlando, non si azzarda neanche a chiederlo, accetta di mettersi in gioco e queste sono le regole. È puro pensiero: potrà essere più o meno illuminato, ma è puro”.
Syd è una delle prime persone con cui ho parlato in questo viaggio nell’Internet nascosta, e mi sembra bello sia anche una delle ultime di cui parlerò. Lui (o lei, questo non è dato saperlo) più di ogni esperto interpellato e più di ogni dato o rapporto consultato, mi ha dato la spinta, per poi lasciarmi vagare da sola. “Perché dovrei fidarmi di chi non conosco?”, avevo chiesto in una delle nostre prime conversazioni. “Perché non hai molta altra scelta”, mi aveva risposto. Poi aveva scherzato su come questo scambio di battute sembrasse scritto da uno sceneggiatore di serie Tv americane. Aveva ragione. Anche se alla fine il suo supporto pratico si è tradotto in pochi link da cui iniziare la navigazione, Syd mi ha mostrato lo spirito di chi vive il deep web come la normalità.
 
Non c’è destra, né sinistra che tenga
È il 2013 quando qualcuno mette in rete le mail, 7.600 file, di Giulia Sarti, deputata del Movimento 5 Stelle bolognese. L’attacco è firmato da un gruppo denominato Hacker del Pd, scaturisce da un periodo di tensione in Romagna e non si capisce chi ci sia dietro questo gesto. Poco dopo, attaccano le mail dei deputati Massimiliano Bernini, Stefano Vignaroli e Tancredi Turco. Il link onion (indirizzi per navigare nel deep web con il browser Tor) che circola in rete e che dovrebbe condurre all’archivio delle mail trafugate oggi non è più attivo. C’è ancora, invece, quello diffuso qualche settimana dopo da un gruppo che dichiarava di essere affiliato ad Anonymous (Anonymous smentirà poco dopo il collegamento), un archivio di mail che si presumeva appartenessero a cinque personaggi del Partito Democratico, come vendetta per l’offesa ai Cinque Stelle: Rosy Bindi, Massimo D’Alema, Enrico Letta, Nichi Vendola e Matteo Renzi. Chi lancia l’operazione assicura che nell’archivio ci siano “mail private e inciuci” dei maggiori esponenti del partito. In realtà si tratta solo di migliaia di mail provenienti dalla mailing list ConventionPd.
A colpire, però, è la reazione di chi naviga nel deep web (dove questi archivi sono stati caricati). “Non ho intenzione di aprire né l’uno, né l’altro – commenta un utente – Non c’è bisogno di prove per capire che questo Paese non lo cambierà nessuno di loro e neanche per capire che in fondo i politici sono tutti uguali”. Pubblicamente, però, con i politici italiani gli smanettoni del web si divertono: quando il parlamentare del Pd Francesco Boccia ha proposto di inserire una web tax da far pagare ai big del digitale, ha dovuto poi sporgere denuncia alla Polizia Postale perché dal suo sito gli utenti venivano ricondotti a un software contenente un trojan, un malware. Recentemente, la pagina Facebook di Matteo Salvini è stata craccata da Anonymous, che ne ha sostituito la foto di copertina. A marzo, sul sito del Pd toscano, qualcuno aveva inserito la scritta “hackerato dall’Isis. Noi siamo ovunque”.
 
Disperazione e disagio sociale
“Ti accorgerai presto – mi aveva detto Syd – che molti qui si creano una seconda vita, trovano una seconda famiglia, instaurano amicizie profonde. E si sfogano”. La sensazione, come nei forum della clearnet– l’Internet normale – è proprio questa: sembra che tutti si conoscano da tempo, che non vedano l’ora di confrontarsi e rincuorarsi. “Stasera ho una botta di depressione, sento le lacrime che salgono – scrive una sera Antares – Che si nasce soli e si muore soli è scontato ormai. Ma, cazzo, sapere che esiste un mondo là fuori che non è più alla mia portata, mi fa male. Oggi mi sono sparato 800 euro tra una rata e due bollette. Me ne rimangono 250 e ho due bollette scadute e una cambiale la prossima settimana. Bene o male, facendo i salti mortali ogni mese riesco a pagare l’80 per cento delle cose ed è già miracoloso. L’unico vizio che mi permetto è il mio litro e mezzo di birra per stordirmi un po’ a fine giornata e un pacchetto al giorno di sigarette da 10 per suicidarmi lentamente. Davvero non ne posso più, non ho neanche più sogni vorrei solo potermi fare una padellata di cazzi miei senza l’ossessione di dover pagare, pagare, pagare. Certe volte vado su siti di armi, immaginando l’effetto di una 38 in bocca piuttosto che un 7.65: ma non gli darò mai questa soddisfazione, piuttosto mi lascio essiccare al sole”. La risposta è immediata. “Ti posso assicurare che qui hai una ‘famiglia’. Molti sono accomunati dai tuoi problemi economici e vengono qui nel deep nella speranza di fare soldi facilmente. In realtà non è proprio così facile”.
 
L’Uganda, la Cina, le primavere arabe
Collegarsi a Facebook dalla Cina significa dover usare il browser Tor per aggirare la censura. Durante le Primavere arabe, il deep web è stato il primo posto in cui sono stati caricati video e immagini delle rivolte e delle repressioni. In Uganda, dove sono in corso le elezioni, l’agitazione e le proteste nazionali, l’accusa di elezioni truccate e l’arresto del principale leader dell’opposizione ha portato, ormai da due giorni, il presidente Yoweri Museveni a imporre la censura diretta sui fornitori di servizi Internet del Paese. Senza Twitter e Facebook è diventato molto più difficile per gli abitanti diffondere notizie su quanto sta accadendo.
Anche perché, per quasi un decennio, sono stati questi i canali attraverso cui si è organizzata l’opposizione al regime. Di conseguenza, giornalisti e cittadini hanno iniziato a usare strumenti come Tor e il proxy Psiphon (strumento che, in parole semplici, permette agli utenti di appoggiarsi a server privati fuori dal Paese). Le reti private virtuali, raccontano il Mail e il Guardian, hanno aumentato la loro popolarità all’interno del Paese, con oltre 1,4 milioni di download mobili su Android. Il team di Psiphon ha parlato di un aumento di circa 25 volte la quantità di traffico normale (circa 7 mila connessioni): tanto che, da giovedì, si sta muovendo per accogliere i nuovi utenti nel minor tempo possibile. Nessuna pubblicità, solo passaparola: e il regime non può farci nulla. “Questo tipo di cose – aveva detto Syd – fanno dimenticare tutto lo sporco. La darknet, in fondo, non è così dark”.