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 2016  febbraio 21 Domenica calendario

La Cina si compra mezzo mondo. Negli ultimi cinquanta giorni ha investito all’estero 81 miliardi

«Il mondo intero è un palcoscenico... per gli investimenti cinesi». I titolisti del “China Daily”, quotidiano statale in lingua inglese, hanno rubato un verso di Shakespeare per dare voce all’orgoglio nazionale causato dall’ondata di acquisizioni all’estero lanciata da aziende della Repubblica popolare.
Il primo colpo dell’anno è stato spettacolare, nel senso letterale dell’aggettivo: il 12 gennaio Dalian Wanda ha rilevato la casa di produzione cinematografica di Hollywood Legendary Entertainment per 3,5 miliardi di dollari. Il presidente di Wanda, l’ex colonnello dell’esercito Wang Jianlin sta continuando così la sua diversificazione dal mattone all’intrattenimento (ha tra l’altro Infront, con i diritti del calcio italiano). Il 15 gennaio Haier, specializzata in televisori, frigoriferi e lavatrici, ha comperato per 5,4 miliardi di dollari la divisione elettrodomestici dell’americana General Electric. La serie è proseguita con Beijing Enterprises che ha messo 1,6 miliardi per la tedesca EEW, Energy from Waste, che raccoglie e brucia rifiuti trasformandoli in energia, una scelta strategica per la Cina alla disperata ricerca di tecnologia nel campo ambientale. Un’altra incursione in Germania l’ha compiuta ChemChina, colosso statale famoso da noi per l’operazione Pirelli, che ha pagato un miliardo circa per KraussMaffei macchinari.
A febbraio ChemChina ha realizzato l’acquisizione cinese più ricca della storia offrendo alla svizzera Syngenta 43 miliardi di dollari per il suo agribusiness. La frenesia cinese da M&A (Mergers and Acquisitions) è proseguita con China Cosco Holdings che ha pagato 368 milioni di dollari per il porto del Pireo, strategico come snodo sulla nuova Via della Seta tracciata dal presidente Xi Jinping. Nella rete è finito il Chicago Stock Exchange, piazza azionaria minore ma con una storia di 134 anni, rilevata da Chongqing Casin Enterprise. La norvegese Opera Software, specializzata in web-browser, ha ricevuto un’offerta vincolante da 1,2 miliardi sottoscritta da un consorzio guidato dal miliardario Zhou Hongyi. Questa settimana Hna Group di Hainan (compagnia aerea, immobiliare, turismo, finanza) che tramite la controllata Tianjin Tianhai ha offerto 6 miliardi di dollari per la statunitense Ingram Micro, distributrice di tecnologia. Vale ricordare anche i 260 milioni di dollari spesi dai club cinesi quest’anno per il calciomercato: record mondiale.
Nei primi 50 giorni del 2016, le acquisizioni industriali cinesi all’estero hanno superato il valore di 81 miliardi di dollari, un’accelerazione drammatica visto che in tutto il 2015 la spesa cinese in M&A aveva totalizzato 111,9 miliardi di dollari (i dati sono di Dealogic, provider di informazioni sugli investimenti internazionali). Un rapporto del Boston Consulting Group mostra che l’obiettivo delle Fusioni & Acquisizioni cinesi è cambiato negli ultimi due anni: tra il 1990 e il 2014, circa il 40% era in aziende energetiche e di risorse minerarie; ora il 75% è in gruppi tecnologici e marchi.
Su questo palcoscenico mondiale dove si recita in mandarino, ci sono però anche delle ombre. La marcia di «China Inc» all’estero è guidata da aziende statali, sotto il controllo diretto del governo di Pechino. ChemChina è l’esempio di scuola. Ma ChemChina, per esempio, ha anche un debito imponente: 156 miliardi di yuan. ChemChina (e le altre aziende pubbliche) può operare così grazie all’accesso illimitato al credito delle banche statali cinesi. Che cosa succederebbe se Pechino dovesse chiudere il rubinetto?
Poi ci sono fattori di incertezza legati alla campagna anticorruzione lanciata da Xi Jinping. Capitani d’industria privata e pubblica cinesi finiscono nelle maglie della giustizia quasi ogni giorno. Fosun, che ha fatto shopping dal Club Med al Cirque du Soleil e anche Palazzo Broggi a Milano, ha appena dovuto rinunciare alla compagnia di assicurazioni israeliana Phoenix: il suo leader, Guo Guanchang a dicembre era scomparso per alcuni giorni: «collaborava a un’inchiesta». Infine, molti accordi dovranno passare sotto la lente del Cfius, la Commissione Usa sugli investimenti dall’estero. Ci sono delicate questioni di sicurezza nazionale. I miliardi cinesi sono tanti, i rischi anche.