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 2016  febbraio 21 Domenica calendario

Il sub-poliziotto morto per cercare il corpo di Isabella Noventa, la segretaria uccisa il 15 gennaio scorso

Incastrato in una chiusa del Brenta, tra Padova e Venezia. L’erogatore della bombola d’ossigeno strappato via dalla corrente. Morto per asfissia, mentre coordinava le ricerche subacquee di Isabella Noventa, la segretaria di 55 anni uccisa nella notte del 15 gennaio da un uomo che solo pochi giorni fa ha confessato il delitto. Soffocata dopo un gioco erotico, ha ammesso Freddy Sorgato, l’autotrasportatore-ballerino, ex fidanzato della donna, in manette. «L’ho fatta sparire gettandola nel fiume – ha detto nell’interrogatorio – in un punto non lontano dal canale Piovego». Quello in cui si è immerso venerdì l’ispettore Rosario Sanarico, napoletano, un «gigante buono» di due metri circa di altezza, sposato, due figli di 28 e 22 anni e un nipote di 7, giunto da La Spezia, al comando degli specialisti del Centro Nautico Sommozzatori, per le indagini. 
Un intervento «normale», quasi di routine, anche per quel sub che aveva esperienze operative di ogni genere. Istruttore subacqueo, investigatore. Ma soprattutto soccorritore. Come all’isola del Giglio, dopo la mezzanotte del 13 gennaio 2012. La Costa Concordia era inclinata dopo aver urtato una scogliera sommersa. E l’ispettore era già lì, nelle acque del Tirreno. A dare manforte. 
Il capo della polizia Alessandro Pansa traccia un ricordo vicino e commosso dell’agente. Chiamandolo «Sasà». Lo conosceva bene. «Sono un appassionato sub e per questo qualche anno fa più di una volta abbiamo avuto l’occasione di fare delle immersioni insieme – racconta Pansa —. L’ho incontrato anche in altre circostanze, era generoso, solare, allegro. Sapeva fare squadra, dedicava tutto ai colleghi e alla famiglia». Nel pomeriggio il capo della polizia è stato a Padova, nella camera ardente allestita per «Sasà». Una visita di 20 minuti durante la quale ha incontrato la moglie dell’agente, Antonella, e i due figli Alessio e Annavera, mamma del piccolo di 7 anni. «Sasà era orgoglioso della sua famiglia e orgogliosissimo del nipotino – è ancora il ricordo di Pansa —. Lascerà un vuoto enorme, era l’anima della sua squadra, li tratteneva assieme, cucinava per loro». 
Da chiarire la dinamica dell’incidente, su cui è in corso un’inchiesta aperta dalla procura di Padova, avvenuto mentre le telecamere dei programmi tv seguivano le ricerche. Nel primo pomeriggio, alla «Vita in diretta», hanno dato l’allarme. «Sembra che uno dei sub sia rimasto sotto le chiuse» ha gridato una voce mentre già si sentivano le sirene dell’ambulanza. L’acqua era molto torbida, smossa anche dall’idrovora che gli ha risucchiato l’erogatore dell’ossigeno. «Sasà», trascinato dalla corrente fortissima, non è riuscito a recuperarlo. Troppo tempo lì sotto, facendo il suo dovere in mezzo alla melma. Deve aver perso i sensi. E nemmeno l’altro sub della polizia a cui era agganciato è riuscito a soccorrerlo. 
In ospedale le condizioni di Sanarico sono apparse subito gravissime e la morte sarebbe avvenuta per la prolungata asfissia. Il cordoglio dei colleghi intanto si moltiplica sui social e alla famiglia ha inviato un telegramma «commosso» anche il ministro dell’Interno Alfano. 
I sindacati di polizia però rumoreggiano. Siulp e Silp Cgil puntano il dito sulla sicurezza: «Adesso occorre fare una verifica sulle procedure tenute».