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 2016  febbraio 21 Domenica calendario

In Nevada ha vinto la Clinton

«Hillary Clinton si aggrappa»: il commento a caldo è dell’Huffington Post, quando il caucus democratico del Nevada assegna la vittoria – di stretta misura – all’ex segretario di Stato. Di stretta misura: 52% contro il 48% per Bernie Sanders. E dunque un risultato che ancora una settimana fa sarebbe stato molto deludente, una quasi-sconfitta per la Clinton. Che partiva da oltre 20 punti percentuali di vantaggio, aveva costruito un’organizzazione capillare che da molti mesi presidiava il Nevada, e soprattutto poteva vantare antichi e solidi legami con la comunità ispanica che qui rappresenta il 28% della popolazione. Dunque la vera novità di questo risicato 52 a 48 sarebbe stata il formidabile recupero di Sanders. Ma da una settimana in qua i sondaggi davano la sostanziale parità fra i due candidati. Quindi alla fine la Clinton tira un sospiro di sollievo e “si aggrappa”: «la lotta va avanti: il futuro che vogliamo è nelle nostre mani». Va avanti sulla strategia che aveva disegnato: scontando che Sanders può surclassarla facilmente tra un elettorato bianco, giovane e liberal. Ma che la macchina organizzativa dei Clinton alla lunga può prevalere quando la battaglia si estende a Ovest e a Sud ed entrano in gioco minoranze etniche come gli ispanici e i neri. Per la Clinton è essenziale aver spezzato in Nevada la sensazione del momentum in favore di Sanders, capace di travolgere calcoli e previsioni a tavolino. È possibile anche che l’elettorato democratico cominci a prendere in considerazione le critiche di Hillary contro Bernie.
La Clinton ha cominciato a prendere sul serio il suo rivale forse un po’ tardi, ma dal New Hampshire (dove Sanders le inflisse 22 terrificanti punti di distacco) la sua offensiva è diventata stringente. Ha dipinto il senatore “socialdemocratico” del Vermont come un “candidato mono-tematico”, che riconduce tutto al tema delle diseguaglianze sociali e allo strapotere di Wall Street, ma ha poco da dire su altre questioni fondamentali per un futuro presidente (come la politica estera). Inoltre la Clinton ha cominciato a “fare i conti in tasca” a Bernie, cioè a tirare le somme delle sue promesse elettorali. Ha schierato economisti di sinistra come Paul Krugman, Laura Tyson e altri consiglieri di Barack Obama, perché dimostrino che il programma di Sanders costerebbe caro. La sua proposta di istituire in America un servizio sanitario nazionale sul modello di molti paesi europei, ad esempio, comporterebbe un significativo aumento della pressione fiscale: non solo su Wall Street come sostiene Sanders, ma anche sul ceto medio. Sanders il radicale, il sognatore: dietro queste accuse affiora il problema della sua “eleggibilità”. I sondaggi finora dicono che lui sarebbe in grado di sconfiggere un candidato repubblicano, meglio di Hillary. Ma il risultato del Nevada può indicare che è iniziato un ripensamento nella base democratica.