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 2016  febbraio 22 Lunedì calendario

«Vi spiego come vivere di sola aria». Conversazione molto seria con il guru dei respiriani

Dimenticate Masterchef e i vari programmi di cucina. Dimenticate i libri di ricette della nonna. Dimenticate pure l’annosa disputa tra vegani e carnivori. Anzi, fate prima: dimenticatevi del tutto di mangiare e sarete pronti per esplorare la relazione più estrema finora mai conosciuta con il cibo: il respirianesimo.
I respiriani sono tra noi. Uno è Nicolas Pilartz, 45 anni, una vita che è una ginepraio di identità: nato a Parigi da madre italiana e padre tedesco ma cittadino britannico, «perché mamma e papà si rifugiarono lì poco prima della Seconda guerra Mondiale».
Respiriano, ovvero un soggetto che nella manifestazione più estrema non ingerisce solidi o liquidi ma si nutre di “prana”, parola che in sanscrito significa “energia vitale”. Nicolas normalmente non mangia e se lo fa è solo perché ne ha voglia, non per appetito. Nicolas, così dice, si sazia dell’energia positiva che lo circonda.
Nicolas, devo crederti?
«Il respirianesimo è una pratica antica. In passato si chiamava inedia».
Inedia, cioè la forma più estrema di malnutrizione che porta alla morte.
«Il senso della parola è cambiato. In passato indicava le persone che vivevano bene, con gli organi perfettamente funzionanti, eppure non mangiavano e non bevevano. Si diceva che “erano in inedia”. La praticavano numerosi yogi indiani, molti cinesi e, ti stupirò, anche santi cristiani».
Chi?
«Per esempio Teresa Neumann, San Nicola di Flüe e un santo molto celebre, Padre Pio».
Anche San Pio?
«Ci sono testimonianze al riguardo. Se mangiava, lo faceva ogni tanto e comunque non ne sentiva il bisogno. Questo perché Padre Pio era molto connesso con la realtà che lo circondava, con la luce, la coscienza, lo spirito santo. Quando sei così immerso in ciò che ti circonda, sei in pace. Ti nutri».
E ti sfami?
«Sei sazio. Se non hai stress, agitazioni, pensieri, se non hai ostacoli mentali derivanti dalle paure accumulate, non compi azioni come quella del mangiare».
Mi stai dicendo che mangiamo per paura?
«In un certo senso è così».
Da quanto sei respiriano?
«Vidi un documentario nel giugno 2012 che parlava di queste persone. Volevo scoprire se era una bufala».
Come si diventa respiriani?
«Ci sono tre modi. Il primo è spontaneo, ci arrivi perché il tuo corpo rifiuta il cibo. Cominci a non mangiare, passano i giorni e stai sempre meglio. Anzi, quando mangi hai nausea. Sei progettato per lo stato di inedia. Il secondo modo è un percorso graduale, ci arrivi diminuendo la quantità di cibo e aumentandone la qualità, allo stesso tempo maturi l’intenzione di nutrirti di luce ed energia. Più vai avanti, meglio stai. Questo percorso può durare anni».
Ho letto che essere respiriani significa “mangiare col naso”. Sono rimasto un po’ perplesso, per così dire.
«Questo è il terzo modo. È un processo intensivo che dura ventuno giorni, al termine del quale le cellule del tuo corpo sono state riprogrammate. Le cellule a quel punto non si aspettano più il cibo attraverso la bocca e l’apparato digerente ma lo vanno a prendere fuori, dall’energia che ci circonda».
Ti nutri annusando le cose?
«Anche. I sensi si alterano, la vista e l’olfatto migliorano. Se annuso un pezzo di legno posso ricavarne nutrimento. Non il nutrimento come lo intendi tu, ma come fonte di gioia. Riconosci la perfezione attorno a te e capisci che l’albero ti sostiene, fa parte della creazione, della vita. Alla fine entri in uno stato di beatitudine».
Mi stai parlando di religione?
«Le religioni parlano di questa beatitudine. Il Buddha, prima di trovare il Nirvana, siede sotto un albero e per quarantanove giorni non beve e non mangia». Con tutto il rispetto: e se fosse una leggenda? «Per molti anche Gesù è una leggenda».
Va bene, diciamo che serve un atto di fede.
«No, basta che lo provi. Io ho trascorso sessanta giorni senza mangiare».
Ma dai, non è possibile!
«Henry Monfort, un amico che a marzo sarà in Italia per presentare il libro “Alimentazione pranica”, non mangia cibi solidi da tredici anni. Si nutre di prana. Io al suo confronto sono un principiante».
È più forte di me, sono scettico. Quando hai mangiato l’ultima volta?
«Dieci giorni fa. Però un po’ bevo. Alla mattina orzo al ginseng, poi ogni tanto un bicchiere d’acqua».
Ecco, l’acqua.
«Ma pochissima. Il corpo senza le tossine non richiede acqua».
Nicolas, se questa intervista la legge un medico ci denuncia. Che ne so, per istigazione al suicidio?
«Io direi a un medico: ti ricordi, caro amico, quando cinquecento anni fa si pensava che la Terra fosse piatta? Il medico ha una credenza».
Una credenza? Un medico ha studiato!
«Ha studiato un libro e ha fede in quel libro. Ma non ha un’evidenza dei fatti perché non ha mai provato».
Regola numero uno: se non bevi e non mangi muori.
«Ci mancherebbe. Infatti io non dirò mai “fatelo tutti”. Mi raccomando, scrivilo chiaro. L’alimentazione pranica non è per chiunque. Su di me funziona. Comunque una cosa è certa: potremmo da un giorno all’altro dimezzare il cibo che ingeriamo. Si muore molto di più di troppo mangiare che di non mangiare abbastanza».
Hai presente Pannella e i suoi celebri digiuni? Dopo pochi giorni era un cencio...
«Perché lui costringe il suo corpo a digiunare, è diverso. Vivere di prana significa non cibarsi perché senti che non ne hai più bisogno. Ma il tuo corpo è sostenuto. Se il tuo peso continua a scendere vuol dire che stai digiunando, prima o poi arriva l’anoressia e muori. Io invece ho bloccato il mio peso tra i 63 e i 66 chili, pur senza mangiare».
Tu provi appetito?
«Se ho voglia di mangiare non è per fame, io la chiamo una “fame di memoria”, legata alla socialità. A Natale ho mangiato qualcosa con gli amici, ma era per condivisione, per la memoria della fame appunto, che ho ancora in testa».
Ma non ne hai bisogno per vivere, ho capito bene?
«Esatto».
Dieci giorni fa perché hai mangiato?
«Avevo voglia. E quando mangio posso mangiare ciò che voglio e quanto voglio».
Comunque in passato non hai ingerito solidi per sessanta giorni.
«La manifestazione attualmente più forte di alimentazione pranica è di un uomo che da otto anni non beve e non mangia. Non fa neanche più la pipì, e sta bene. Si chiama Victor Truviano, è un argentino di origine italiana».
Nicolas, quel che dici è pericoloso.
«Io sto cercando un avvicinamento coi medici. Dobbiamo metterci a tavolino e capire meglio con loro come funziona. Forse la nostra è una possibilità di evoluzione genetica. Ma può essere molto pericolosa, lo ammetto».
Ah, ecco.
«L’alimentazione pranica non deve essere sofferenza, ma gioia. Chi vuole dimagrire o essere più bello non deve diventare respiriano. Lo fa chi vuole esplorare le possibilità dell’organismo umano. Lo si fa per stare meglio, se stai peggio non va bene».
Il respirianesimo è gioia?
«Sì, e ripeto: consultate il medico se volete farlo».
Ma un medico ti dirà che sei matto.
«Meglio un “no” piuttosto che provare e finire male. Magari però, parlandone e con validi argomenti, il medico si convince».
Tu hai fondato la pagina Facebook “Alimentazione pranica”. Quanti siete in Italia e nel mondo?
«Io divido i respiriani in quattro livelli. Al primo livello c’è chi è informato e sa che è possibile. Nel mondo sono centinaia di milioni. Al secondo livello c’è chi segue un percorso e vuole provarci. Questi sono centinaia di migliaia nel mondo, in Italia qualche migliaio. Al livello tre ci sono quelli come me, che lo manifestano e che ogni tanto mangiano. È uno stato un po’ ibrido. Al livello tre in Italia siamo qualche centinaia».
E il livello quattro?
«Sono quelli come Victor Truviano, che non mangia e non beve da tredici anni».
Ci sono anche italiani di livello quattro?
«Sì, ma non te lo dico a livello ufficiale. Io ci metto la faccia, tanti non lo ammetterebbero mai. È una scelta molto intima, non tutti vogliono esporsi».
Ma quanti sono almeno ce lo puoi dire?
«Una decina».
Senti, ti ho chiesto come si fa a diventare respiriani, ora ti chiedo: ma perché?!
«Perché finalmente sono pieno di energia. Se combattessi ora in gare di taekwondo e karate come ho fatto in passato sarei più forte, più veloce e più lucido».
Senza mangiare?
«La digestione ti priva di moltissima energia. Se mangi il tuo corpo accumula tossine. Io dormivo male, avevo mal di schiena, le mie ossa facevano cric e crac. Adesso la cartilagine si è ripristinata. I miei ultimi esami del sangue sono migliori di quando avevo vent’anni».
È vero che un respiriano dorme pochissimo?
«Certo, l’energia usata per la digestione fa dormire. Se non la usi più ce l’hai dentro, e dormi poco».
Se un amico ti dice “dai, usciamo a mangiare una pizza”, che cosa rispondi?
«Scelgo se farlo. Ho mangiato la pizza di mio cugino il mese scorso ma lo sapevo, mi sono preparato. Però non mi faccio sorprendere, se qualcuno arriva da me con un dolce e non mi va, non mi va».
Nicolas, dove hai casa?
«Non è una casa, io vivo in yurta, la tenda di tipologia mongola. È comoda, armoniosa, circolare come l’atomo. Mi sento tanto bene dentro».
E dove vivi?
«A Coccore, paesino vicino a Fabriano, nel campo di proprietà di una mia amica».
Che lavoro fai?
«A Parigi ero un game designer, in pratica autore e creatore di giochi da tavola o con le carte. Ora sono dedito all’alimentazione pranica. Seguo alcune persone, una l’ho sentita poco fa: da venti giorni non mangia. E sta benissimo».
Cosa fai al mattino quando ti svegli?
«Dalla yurta sento il canto degli uccelli, la temperatura, i suoni della natura. Poi vedo il sole e provo gioia, quindi faccio esercizi: i cinque tibetani, addominali, stretching, flessioni. Poi bevo un orzo al ginseng e faccio una passeggiata, se posso a piedi nudi».
A Coccore penseranno: “passa quello strano”.
«In tutta la vita sono sempre stato “quello strano”. Quando uno vede lo straniero diffida. Ma lo straniero porta la buona novella. Io accolgo con gioia tutto, anche la diffidenza e le reazioni violente».