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 2016  febbraio 22 Lunedì calendario

«La musica non finisce con le parole». Un consiglio ai conduttori radiofonici

Tu sei lì che ascolti la radio, e sei felice, perché se anche non lo eri prima di solito la radio ha questo effetto (be’, dipende: se ascolti il nuovo singolo di Caccamo e Iurato, la gioia non solo evapora ma ti si strozza proprio in gola). Sei felice, perché magari stai ascoltando Il ruggito del coniglio. Oppure 610.
Oppure quello che volete voi, purché sia da voi gradito. Poi arriva la canzone. Una bella canzone. Magari una delle vostre preferite (sì, ogni tanto la fortuna esiste). A un certo punto finisce il cantato, e tu sei sempre felice. Molto felice. Hai quella faccia un po’ ebete di chi si sente come meravigliosamente sospeso: sospeso bene. Poi, terminato il cantato, arriva l’assolo di chitarra. O magari un crescendo musicale. O comunque un momento evocativo forte, commovente: addirittura definitivo.
Ed è lì, come una condanna, che il conduttore (o la conduttrice) cominciano a parlare. Blaterano concetti quasi sempre marginali sopra la canzone, che viene relegata sullo sfondo perché “tanto ormai era finita e non c’erano più parole”. Ecco: quand’è che qualcuno ha avuto in radio la straordinaria pensata di reputare le canzoni meritevoli di essere ascoltate con attenzione solo quando c’è il cantante che canta? Chi è che ha sdoganato questa regola tanto stupida quanto razzista secondo cui se il cantante canta si impone il silenzio degli astanti, mentre se suona in primo piano il chitarrista (o il bassista, o il tastierista, o il batterista, o chi volete voi) non conta nulla e allora via col casino? È una iattura, una delle poche, delle radio. Una iattura figlia, peraltro, di un’ignoranza musicale monumentale.
Quasi tutte le canzoni straordinarie sono tali in virtù di momenti “unicamente” musicali che rendono gigantesco tutto l’impianto. Ve la immaginate Starway To Heaven dei Led Zeppelin senza quell’assolo torrenziale di Jimmy Page? Suonerebbe incompleta, inespressa, irrisolta. Niente da fare: se il brano va in radio, nove volte su dieci il conduttore (o la conduttrice) cominciano a blaterare non appena Plant ha smesso di cantare e Page sta per volare altissimo. Secondo questa tesi mostruosamente miope, un brano come Shine On You Crazy Diamond dei Pink Floyd dovrebbe essere trasmesso dal minuto otto, perché tanto in quelli precedenti “c’è solo musica”. E ancora: il blues andrebbe cassato quasi interamente, perché se a Stevie Ray Vaughan togli la chitarra togli il cuore: togli la crema, togli la perfezione. Si dirà: eh, ma la radio ha tempi risicati.
E si dirà ancora: eh, ma la radio è chiacchiera, se vuoi solo musica goditi il tuo stereo da fighetto radical chic a casa tua. Certo, obiezioni lecite (anche se non proprio fortissime). Eppure servirebbe una ribellione non solo dei pochi illuminati, ma della maggioranza delle voci radiofoniche: “Una canzone si trasmette tutta per intero, e non la si sporca finché non termina”. Punto. Sarebbe facile. Sarebbe.