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 2016  febbraio 22 Lunedì calendario

Il web e i robot ci stanno rubando il lavoro. Lo racconta Riccardo Staglianò nel libro “Al posto tuo”

L’occupazione non riprende, e questo lo sappiamo, ma forse riflettiamo poco su un nuovo paradigma con il quale stiamo facendo i conti: il lavoro non c’è. Almeno nei modi e nelle forme in cui lo abbiamo inteso nell’intero Novecento. I centri di ricerca più accreditati avvertono che quasi un lavoro su tre è a rischio nel prossimo ventennio, e pochi giorni fa il Guardian ha pubblicato uno studio della Banca d’Inghilterra: l’avvento dei robot potrebbe distruggere quindici milioni di posti in Gran Bretagna. Perfino in Cina, dove la manodopera è ancora a buon prezzo, 800mila macchine hanno sostituito, nelle fabbriche, gli uomini e le donne. E sarà sempre peggio.
LA RIFLESSIONE
Con un libro costruito su storie, racconti, e persone in carne ed ossa, più che con i numeri, Riccardo Staglianò (Al posto tuo, edizioni Einaudi) ci accompagna in questo viaggio, in giro per il mondo, dove osserviamo, quasi passivamente, come il web i robot ci stanno rubando il lavoro. A partire dalla stazione Termini, dove Staglianò ha fatto i conti delle biglietterie self-service: sono in tutto 104, e corrispondono a interi turni di manodopera che salta, e non è facile ricollocare, se non attraverso la solita scorciatoia dei prepensionamenti. Da Termini si arriva fino ad Amazon, che prima ha cancellato un’intera filiera del piccolo commercio (pensate all’eclissi delle librerie che muoiono come se ci fosse un’epidemia), e adesso sta eliminando i postini, sostituendoli con i droni che consegnano un pacco in mezz’ora nel raggio di 25 chilometri.
IL MOTORE
La rivoluzione tecnologica, il motore propulsivo del cambiamento del Nuovo Millennio, è ovviamente inarrestabile, e rallentarla ricorda i vetturini a cavallo quando si illudevano, con qualche sciopero che lasciava a terra “lor signori”, di fermare la discesa in campo della concorrenza del taxi e dell’automobile. E la tecnologia, per sua natura, riscrive le gerarchie del mercato, azzera alcune figure, a livello impiegatizio e specie nella parte bassa della piramide, riorganizza il lavoro, con tanti, invisibili Cipputi che spesso, sempre più spesso, sono solo macchine. Pensate un attimo ai giornali. Prima, fino a una ventina di anni fa, a monte di un foglio stampato e di un giornalista che scriveva si contavano i correttori di bozze, i dimafonisti, i titolisti. Tutte figure intermedie scomparse, laddove oggi da soli, con il web, possiamo scrivere, titolare, impaginare e mettere in Rete il nostro quotidiano.
IL MERCATO
E non è vero, come qualcuno ci vorrebbe far credere, che i posti che scompaiono, come racconta Staglianò, saranno tutti gradualmente rimpiazzati, secondo l’assioma del capitalismo distruttivo e creativo allo stesso tempo. Non è così. Piuttosto, specie per i nostri figli, bisogna attrezzarsi al cambiamento, convincersi che il lavoro laddove non c’è bisogna essere capaci di inventarlo. Come? Innanzitutto alzando l’asticella della formazione: quanto più un giovane sarà qualificato, tanto più avrà possibilità di accesso al mercato del lavoro. Se lo sportellista in banca sta scomparendo, c’è però domanda di analisti finanziari, professionisti del risparmio gestito, risk manager. Se l’operaio lascia il posto al robot, poi serve il personale specializzato che fa funzionare le macchine, le guida, le governa. E se Amazon cancella le botteghe, l’artigianato digitale diventa una nuova opportunità nel settore. 
Ed a proposito di formazione e di nuova occupazione, non è incoraggiante, per il futuro, prendere atto che in Italia sono laureati appena 21 giovani su 100 tra i 25 e i 34 anni, rispetto ai 42 degli Stati Uniti: poche lauree si traducono in poche opportunità di lavoro e scarse difese di fronte all’avanzata dell’automazione. 
Inoltre il cambiamento, anche quando è molto impetuoso, non esclude la possibilità di un “ritorno al passato”, magari con nuove declinazioni. Il caso più clamoroso in Italia è quello relativo al lavoro agricolo che sta tornando di moda. Se non fosse stato per il più 7,5 per cento di nuovi occupati nel settore, i dati sulla disoccupazione nel 2015 sarebbero ben più drammatici. Il ritorno ai campi non è una moda passeggera, né la semplice ricerca di nuovi stili di vita: c’è un’evoluzione culturale del mercato del lavoro. L’agricoltura, che sembrava cancellata dalle prospettive di lavoro, è vista come una concreta e attualissima possibilità. La conferma viene dal fatto che il 57 per cento dei giovani italiani sogna un lavoro negli agriturismo, a fronte dell’appena 18 per cento che ancora rincorre il posto in banca. Infine, ai giovani bisogna dire la verità: attrezzatevi per essere multitasking, anche sul lavoro. Siate capaci di passare da un mestiere all’altro e di farne anche più di uno, contemporaneamente. Guadagnerete meglio e potrete sperare di dare scacco matto al nemico chiamato robot.