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 2016  febbraio 22 Lunedì calendario

L’offensiva dell’Isis in Siria. Stragi a Homs e a Damasco

Le forze arabo-curde, e quelle governative, mettono sotto pressione l’Isis nel Nord e dell’Est della Siria e gli islamisti reagiscono con una serie di attacchi kamikaze a Homs e a Damasco, di nuovo attorno al santuario sciita di Sayyida Zeinab. Ed è una carneficina, con 180 vittime.
Islamisti circondati
Mentre il segretario di Stato americano John Kerry cerca di ravvivare le speranze di pace da Amman e parla di accordo generico sul cessate il fuoco, l’evoluzione sul terreno accelera e mette per la prima volta, dall’inizio della controffensiva delle forze di Bashar al-Assad, lo Stato islamico in prima linea. Se finora governativi e i loro alleati sciiti si erano concentrati contro i ribelli filo-turchi e filo-occidentali di Jaysh al-Islam e dell’Fsa, e contro i qaedisti di Al-Nusra, ora il fronte si è spostato ad Est di Aleppo, nel territorio controllato dall’Isis. È un’evoluzione obbligata per stringere completamente d’assedio la metropoli del Nord. Fra sabato e ieri mattina le forze governative hanno ripreso il controllo di sedici villaggi attorno alla base dell’aeronautica di Kuweires e chiuso in una sacca «almeno 800» combattenti dell’Isis. Più a Est le truppe del regime hanno conquistato altri 18 villaggi sull’asse stradale che collega Aleppo a Raqqa.
Sulla strada Raqqa-Mosul
Ancora più a Est, nella provincia di Hasaka, sono invece le forze arabo-curde dell’Sdf, appoggiate ed equipaggiate dagli Stati Uniti, ad avanzare, con la presa della cittadina di Ghuna e di un campo petrolifero. Ora i curdi puntano ad Al-Shadadi, a metà strada fra Raqqa e Mosul, e tagliare l’ultima via di comunicazione fra le due «capitali» dello Stato islamico.
L’Isis reagisce alla sua maniera. Oltre a una controffensiva da Al-Shadadi, è con i suoi kamikaze, infiltrati oltre le linee del nemico, che cerca di scompaginare gli avversari. La prima a essere colpita è Homs, già roccaforte della rivoluzione, ripresa dai lealisti l’anno scorso. Le auto kamikaze si lanciano sulla folla nel quartiere di Al-Zahraa, abitato da alawiti (sciiti), la corrente dell’islam al potere in Siria con Assad.
Secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh) l’attacco provoca almeno 57 morti. Sugli account islamisti compaiono le foto dei due kamikaze e l’Isis rivendica l’attacco con un comunicato sul Web. È l’inizio di una domenica di sangue che prende di mira i civili sciiti. È la scelta della guerra settaria, brutale, che ha portato l’Isis a conquistare gran parte della Siria e dell’Iraq nel corso del 2014.
Il cuore dello sciismo
Ora lo Stato islamico, in difficoltà, cerca di ravvivarla. Nel pomeriggio le esplosioni a catena colpiscono a Sud di Damasco, nel sobborgo che ospita il mausoleo di Sayyida Zeinab, la nipote di Maometto e figlia di Ali, il successore legittimo del Profeta nella linea professata dagli sciiti. Colpire qui è colpire il cuore dello sciismo in Siria e l’Isis ci ha provato più volte. L’ultimo attacco, il 31 gennaio, aveva fatto oltre settanta vittime.
Questa volta le quattro esplosioni, una di un’auto kamikaze, si concentrano attorno all’ospedale di Al-Sadr, a poche centinaia di metri dal Santuario. È un carneficina, con il bilancio che cresce di ora in ora. Per l’Osdh sono sessanta i morti, altre fonti parlano di 120. Sarebbe l’attacco più sanguinoso mai condotto dall’Isis nella capitale. Uno smacco per il regime, e per i combattenti scelti di Hezbollah che dal 2013 vegliano sul santuario.
È in questo clima che da Amman in Giordania, arriva l’unica nota di speranza della giornata: il segretario di Stato John Kerry annuncia di aver raggiunto «un accordo provvisorio di principio» per una tregua con il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov.