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 2016  febbraio 22 Lunedì calendario

Chi era Alessandro D’Ancona

Ho letto che Alessandro D’Ancona è stato un emerito erudito, scrittore, politico e critico letterario. Fu docente all’Università di Pisa, sua città natale. Di Pisa fu anche sindaco dal 1906 al 1907. Fu esaltato anche da Giovanni Gentile. Potrebbe tracciarne un profilo?
Antonio Fadda

Caro Fadda,
Quando gli studiosi parlano della cultura italiana negli anni cruciali del Risorgimento, fra il 1848 e il 1870, il nome più frequentemente citato è quello di Francesco De Sanctis, deputato, ministro della Pubblica istruzione, professore al Politecnico di Zurigo e autore di una acclamata «Storia della Letteratura italiana». Ebbe il merito di dare ai cittadini di una giovane nazione, spesso ancora divisi da patriottismi regionali e differenze linguistiche, il sentimento di un grande passato letterario comune. Ebbene, il ruolo di Alessandro D’Ancona non fu meno importante di quello di De Sanctis.
Era indubbiamente uno straordinario erudito. Giovanni Gentile, che fu suo allievo alla Scuola Normale di Pisa nel 1893, raccontò nei suoi ricordi che viveva in una specie di «grotta della sapienza, in una casa del Lungarno Galileo, insieme a 30 mila volumi accatasti in alte pile lungo le pareti di stanzette e corridoi bui». Quella biblioteca era la miniera da cui D’Ancona estraeva il materiale delle sue ricerche su temi e forme di scrittura, spesso trascurati, del patrimonio culturale italiano: epistolari, novelle, teatro civile e religioso, leggende, canti e racconti popolari. Mentre De Sanctis sorvolava la letteratura italiana e ne illuminava i picchi, D’Ancona ricostruiva il terreno e l’ambiente in cui ogni opera, grande o piccola, era stata concepita.
Dietro i suoi studi vi era una forte passione politica. D’Ancona discendeva da una famiglia ebrea di Pesaro, aveva fatto i suoi studi a Torino, riconosceva a Carlo Alberto con gratitudine il merito di avere abolito le interdizioni giudaiche e di avere conferito agli ebrei del suo regno una piena cittadinanza. Apparteneva quindi a quella generazione di ebrei italiani che si erano profondamente identificati con i moti unitari. Agli studenti della Scuola Normale, di cui fu direttore dal 1893 al 1900, ricordava spesso il suo incontro con Cavour nel 1860 alla stazione di Firenze mentre il barone Ricasoli, di cui era divenuto collaboratore, preparava il plebiscito per l’annessione della Toscana al Regno di Sardegna. Un altro storico della letteratura italiana, Luigi Russo, scrisse che D’Ancona «rappresenta una figura esemplare di quella cultura accademica risorgimentale che, nel periodo postunitario, operò, servendosi soprattutto dei propri strumenti e competenze disciplinari e scientifiche, per formare e consolidare, sui nuovi valori della vita nazionale, il tessuto delle istituzioni civili e culturali dell’Italia unita».
Questi meriti possono sembrare oggi desueti, ma non parvero tali al governo italiano che nel 1904 lo propose al re per un seggio senatoriale.