Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 22 Lunedì calendario

«Termini non è più la fogna che era una volta». Militari, telecamere e controlli, così la paura dell’Isis ha ridotto di un terzo i reati

«A metà degli anni Novanta facevamo anche cento arresti al mese dentro la stazione. Scippi, rapine, risse. Una battaglia quotidiana combattuta tra i binari, che erano accessibili a tutti». Davanti alla biglietteria l’ispettore Franco Mozzano, il decano dei poliziotti dello scalo ferroviario di Roma, racconta una Termini che non c’è più. Spazzata via dalle recenti misure antiterrorismo, che nel gennaio 2016 hanno fatto calare i furti del 33 per cento rispetto allo stesso mese del 2015. «Ora si arriva alle banchine solo attraverso il gate, i soldati fanno le ronde e le telecamere brandeggiano». Brandeggiano? «Sì, possono ruotare sull’asse e seguire un sospettato. Sono utilissime».
Sabato, quattro del pomeriggio, stazione Termini. L’ingresso principale, su piazza dei Cinquecento, è presidiato da due macchine dei Carabinieri, a destra, e due camionette dell’Esercito, a sinistra. Una pattuglia di due militari accompagnati da un agente della Polfer passeggia tra la gente, le radioline accese, i fucili puntati a terra.
«La vigilanza è stata rafforzata da un anno e mezzo circa, per contrastare la minaccia dell’Is», spiega l’ispettore Mozzano, che lavora qui dal 1983 e uno spiegamento di uomini e mezzi così non l’aveva visto mai. Nemmeno durante le “battaglie” tra il 1990 e il 1994, quando lo scalo diventò preda di centinaia di migranti nordafricani che finivano per bivaccare e rubare bagagli e portafogli ai passeggeri. «Il personale della Polfer è stato raddoppiato: oggi ci sono 100 agenti in divisa solo a Termini e 40 in borghese che coprono tutto il compartimento del Lazio. La videosorveglianza conta quasi 500 telecamere». Salendo al secondo piano sopra la biglietteria, negli uffici riservati della Polfer, ecco la centrale operativa “Coc”: diciassette schermi accesi, trenta poliziotti che si alternano davanti ai computer ventiquattrore su ventiquattro. Possono ricostruire in pochi minuti il percorso in video di qualsiasi persona, da quando entra a quando sale sul treno o prende la metropolitana. «La vera rivoluzione per la sicurezza, però, è stata la costruzione del gate». La storia di Termini, in effetti, si divide in due: ci sono un prima e un dopo, un “avanti gate” e un “dopo gate”. L’anno zero è il 2015, perché ad ottobre tutta la zona dei 29 binari è stata chiusa. Si entra solo dai varchi, mostrando il titolo di viaggio al personale Trenitalia. Una misura decisa da Fs in accordo con la Polizia ferroviaria a Roma e a Milano, e che presto sarà introdotta negli scali centrali di Firenze e Torino. Il gate, la maggiore presenza di poliziotti e militari, le nuove telecamere hanno cambiato tutto. Tra l’ottobre e il dicembre del 2014 i furti e le rapine nell’area dei marciapiedi di Termini sono stati 29, contro i 5 avvenuti nello stesso periodo del 2015. Si sono ridotti addirittura dell’83 per cento. Lo chiamano “modello Termini”: la stazione più trafficata d’Italia, dove passano 200mila persone ogni giorno, è diventata la più sicura. «Per anni è stata una palestra criminale», ricorda l’ispettore Mozzano. «Le bande mandavano qui i loro “rampolli” per fargli imparare il “mestiere”. Era un territorio che faceva gola a tanti: questuanti, vagabondi, truffatori, scippatori».
Il calo dei delitti in ambito ferroviario non si è verificato solo a Roma. A livello italiano le statistiche che mettono a confronto il gennaio 2016 con il gennaio 2015 registrano la diminuzione del 40 per cento dei furti e del 67 per cento del lancio di oggetti contro i treni. Nel complesso, i reati si sono ridotti del 33 per cento. Le misure antiterrorismo si sono portate via, in parte, anche quell’umanità disperata e pittoresca che eleggeva le stazioni a propria dimora.
Al binario 12 di Termini, ad esempio, Robertino “il cuoco” non si vede più dallo scorso ottobre. Per più di quindici anni ha dormito sui treni fermi di notte e vagabondato nella stazione di giorno. Ogni giorno. Il binario 12 era la sua casa, la sua cucina, talvolta il suo bagno. «Lo chiamavamo il cuoco perché preparava il cibo con un fornelletto da campo, mentre i passeggeri salivano e scendevano dai vagoni. Non dava fastidio a nessuno, ma ora è sparito».
Anche Umberto, l’ex finanziere paranoico convinto di essere vittima di un complotto internazionale, che ha bazzicato per una ventina d’anni dalle parti del binario 24, non viene più a Termini. Costantino invece è rimasto, ma fuori dai varchi: qualcuno lo spinge con la carrozzina e lo lascia ogni mattina davanti al tabellone elettronico degli orari, poi la sera lo porta via. Non si sa dove vada, forse alla Caritas.
Il paradosso di Termini, ora, è che il suk si è trasferito fuori, nel quartiere attorno allo scalo. Ci sono ancora prostitute e prostituti, spacciatori, tassisti abusivi, senza tetto. Giusto la scorsa settimana l’Espresso ha pubblicato la storia di alcuni minorenni stranieri costretti a vendere il proprio corpo. «Termini non è ancora la Terra Santa – sintetizza l’ispettore Mozzano, prima di salutare – ma non è più la fogna che era una volta».