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 2016  febbraio 22 Lunedì calendario

Il ruggito della vecchia leonessa. La Schiavone torna a vincere

No, non svegliateci, no. Non ancora. Serve la colonna sonora di Ivano Fossati per festeggiare due settimane da sogno, incredibili, mai viste. La banda delle donne d’Italia suona un rock meraviglioso e dopo la Vinci in Russia e la Errani a Dubai, s’alza pure l’acuto dell’antica leonessa, quella Schiavone tutto cuore che non si piega alla forza del declino e torna a vincere un torneo dopo quasi tre anni (da Marrakech 2013) sulla terra di Rio de Janeiro. Generazione di fenomeni, per rimanere in tema musicale: adesso mancherebbe soltanto che la Pennetta annunciasse il ritorno e potremmo pensare di vivere in paradiso.
Non era mai accaduto che le giocatrici italiane vincessero tre tornei in due settimane. Una risposta perentoria, di classe, urlata a gran voce dopo la delusione in Australia e soprattutto la sconfitta senza se e senza ma contro la Francia in Fed Cup, che pareva il sipario su una storia decennale di straordinari successi. Roberta, Sara e Francesca sono vive, vivissime. E la Schiavone aggiunge al successo carioca la forza dell’orgoglio e dell’esempio, una vittoria che andrebbe condensata semplicemente in due parole: umiltà e passione. Perché ci vuole amore per se stesse e per il gioco a girare il mondo in tornei che sono così lontani dai fasti e dalla gloria di un Roland Garros, che solo un lustro fa si inchinava deferente al talento senza limiti della milanese. Francesca ha vinto uno Slam, prima italiana a riuscirci, è stata numero 4 del mondo, eppure il peso di un fantastico passato non ne ha ancora schiacciato la voglia ardente e la ricerca del divertimento in campo, nonostante il mancato record dei Major consecutivi (si è fermata a 61 non passando le qualificazioni a Melbourne).
Così, malgrado il set e il break di svantaggio contro l’americanotta Rogers, bella campagnola tornita e rubiconda del South Carolina, la leonessa risale, tornando a disegnare il campo e approfittando dei troppi errori di misura dell’avversaria, che finisce per arrendersi ormai svuotata. E l’apoteosi è un impasto di sorrisi e lacrime, con una Schiavone emozionata come se avesse vinto di nuovo a Parigi: «Sono felice, io so quante ne abbiamo passate, vamos!», griderà inebriata alle telecamere. Di più: al momento della premiazione, estrae da chissà dove un foglietto scritto di proprio pugno e saluta il pubblico, in verità scarsino, con un breve monologo in portoghese: «Lo avrei fatto anche se avessi perso, perché questo è un posto meraviglioso e spero abbiate apprezzato la mia prestazione. Ringrazio tutti e mi auguro che possiate godere di una splendida Olimpiade».
Per Francesca è il settimo torneo in carriera, il sesto sulla terra, arrivato dopo aver annullato un match point all’olandese Burger nei quarti: «Quando ho scelto di venire a Rio, l’ho fatto soprattutto per la superficie, anche se so che qui le condizioni sono dure e infatti non è stata una settimana facile, nonostante mi fossi preparata benissimo. Questa vittoria è una splendida sorpresa, era da parecchio che non ottenevo un bel risultato, ho sempre vissuto alla giornata e preso tutto quello che veniva». Oggi sarà numero 94, un ritorno nella top 100 persa a settembre dopo 15 anni consecutivi. Ma non sono i numeri a fare una campionessa, anche se contano: Francesca andrebbe replicata e portata in tutte le scuole tennis non solo per il suo gioco classico così lontano dai bombardamenti odierni, ma per il coraggio e la volontà di non arrendersi al tempo, rimanendo sempre fedele a se stessa. Ed è giusto che due settimane da sogno siano state chiuse dal suo sorriso.