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 2016  febbraio 22 Lunedì calendario

La rivoluzione dell’Istat: meno interviste al telefono o casa per casa, più analisi dei Big Data

Rivoluzione all’Istat: farà meno interviste al telefono o casa per casa per mettersi invece a rielaborare il «Big Data» accessibile nell’universo di Internet. Il presidente dell’Istituto di statistica, Giorgio Alleva, ha detto in Parlamento che la sperimentazione è già cominciata. I metodi tradizionali non verranno buttati via del tutto: ci saranno ancora interviste su appuntamento con le famiglie, ma saranno sempre meno, affiancate dall’analisi del flusso d’informazione attraverso le reti telematiche, i social network e siti come Google Trends. Spiega al telefono Alleva: «Ci ispiriamo a linee guida europee e a programmi già avviati da altri Paesi».
Attenzione: il nuovo approccio non riguarda solo il Big Data della Rete ma anche l’accesso ai dati delle altre fonti delle pubblica amministrazione. «Da più di vent’anni – dice il presidente Alleva – l’Istat utilizza anche queste informazioni, ma la novità è che d’ora in poi intendiamo farlo in modo integrato», cosa non facile perché spesso gli strumenti informatici delle varie amministrazioni non si parlano. Alleva fa un esempio di come è stato farraginoso il sistema finora e di come potrà migliorare. «Finora per aggiornare i dati sulla disponibilità di diplomati e laureati in Italia si dovevano fare ricerche ad hoc. Ora invece partiamo dai dati del censimento e li aggiorniamo con quelli dei diplomi e delle lauree conferite nel frattempo». Sembra l’uovo di Colombo, ma per poter operare così è servito un enorme lavoro di standardizzazione degli archivi amministrativi pubblici.
Passiamo a Internet. Si ricorrerà sempre più a quanto vi si trova anche perché, spiega Alleva, «è via via più difficile fare le interviste dirette o telefoniche: la gente mostra fastidio a rispondere, i giovani sono difficili da raggiungere, e le linee telefoniche fisse sono sempre meno numerose e meno rappresentative della popolazione». Invece se (per esempio) si cerca di quantificare la fiducia dei consumatori (che è un dato economico fondamentale) è possibile arrivarci sui social network «attraverso analisi testuali e semantiche, in base ad appositi indicatori». E questo senza violare la privacy, perché si tratta di flussi di comunicazione pubblica, anche se Alleva auspica un intervento legislativo ad hoc.
Altro esempio: «Prima si rilevavano i prezzi dei biglietti aerei telefonando alle compagnie. Ma adesso i prezzi cambiano in continuazione e i biglietti vengono venduti in maggioranza su Internet. Perciò anche noi li rileviamo in Rete». Stesso discorso per i prezzi nei supermercati: «Anziché mandare persone a trascrivere i prezzi sui bloc notes, otteniamo i listini per via telematica dalle catene della grande distribuzione». E con l’università di Pisa è stato realizzato un indicatore «per scoprire il flusso di pendolari da un Comune all’altro analizzando i flussi della telefonia mobile». Ancora e sempre l’uovo di Colombo.

Luigi Grassia

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Una buona parte dell’economia e della politica ruota attorno all’interpretazione della realtà e delle percezioni. Si tratti di indicatori come la disoccupazione, l’inflazione, gli ordinativi dell’industria, oppure di stime sulla fiducia dei consumatori, con gli strumenti tradizionali queste informazioni arrivano settimane dopo la loro rilevazione. Ora si può fare di meglio. Stando ai dati Audiweb, circa 30 milioni di italiani si collegano a Internet nel corso di un mese, 22 ogni giorno. Usiamo la rete per raccontare come stiamo e come la pensiamo, per effettuare transazioni commerciali, per informarci. A questo aggiungiamo i dati che vengono rilevati ogni istante dai dispositivi connessi. I telefoni che abbiamo in tasca, i pagamenti con carta di credito e bancomat, i caselli autostradali, le auto.
Le Sim dei cellulari sono ormai sette miliardi, tante quanti gli abitanti del pianeta, e nel 2020 ci saranno dieci dispositivi connessi per ognuno di noi. L’interpretazione di questa enorme mole di informazioni si chiama Big Data, e la scienza che permette di interpretarli nowcasting, ovvero previsione in tempo reale. Come ha dimostrato Hal Varian, capo economista di Google, è possibile utilizzare le domande che facciamo al motore di ricerca per stimare come si stia muovendo l’occupazione o la vendita di automobili, non solo a livello nazionale ma anche locale. La verifica effettuata a valle con le informazioni tradizionali serve per avvalorare le stime, e – se necessario – ritoccare i modelli di calcolo. Ricerche accademiche lo hanno confermato. Sia negli Stati Uniti, dove il Mit così produce un indice dei prezzi quotidiano, sia in Italia.
Tutto ciò è utile per la politica economica e per le aziende. Wal-Mart, una catena di grande distribuzione, registra ogni ora un milione di transazioni compiute dai propri clienti. Il database della società è pari a 167 volte le informazioni contenute nei volumi della biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Sulla base di questo sapere la società decide la propria strategia commerciale. I dati sono il petrolio della nostra epoca. È per questo che Google e Facebook ne sono assai gelosi, mentre Twitter li vende a caro prezzo. «L’analisi delle conversazioni sui social può dare anche informazioni sugli orientamenti politici o sul pensiero dell’opinione pubblica rispetto ai grandi temi dell’attualità», afferma Luigi Curini, associato di Scienze politiche alla Statale di Milano e socio di Voices from the blogs, uno spin off dell’università partecipato dalla società demoscopica Swg. Partiti politici e istituzioni hanno iniziato a farvi ricorso. Fu Curini a prevedere nel 2013 il risultato del M5S alle elezioni politiche attraverso l’analisi di Twitter. Un suo progetto sulla misurazione del benessere dei cittadini è stato uno dei cinque vincitori del Big Data contest bandito da Istat e Google. «Analizziamo 500 mila tweet al giorno con un algoritmo brevettato», spiega, «e ora lavoriamo anche in Giappone». Le conversazioni in rete raccontano quel che l’Italia pensa del terrorismo, delle battaglie sui diritti civili, della riforma delle banche. E la lettura di questi dati influenza le decisioni della politica. Isaac Asimov, autore di fantascienza, immaginò la psicostoria, l’arte di prevedere il futuro a patto di esaminare il comportamento di un numero sufficiente di persone. Come ogni opportunità, anche questa presenta dei rischi. Soprattutto se, come ricorda Saul Wurman, fondatore del Ted, al Big Data non si accompagna il Big understanding, il grande discernimento.
Massimo Russo