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 2016  febbraio 22 Lunedì calendario

Si è sempre detto che Hillary sarebbe felicissima di avere come avversario, nella finale per la Casa Bianca, Donald Trump

Si è sempre detto che Hillary sarebbe felicissima di avere come avversario, nella finale per la Casa Bianca, Donald Trump. Contro un estremista del genere - è il ragionamento - la vittoria di una candidata solida, competente, con una grande esperienza amministrativa e che porta il cognome del presidente più amato dell’ultimo mezzo secolo, sarebbe sicura. Ma è proprio così? Sondaggi recentissimi mostrano che gli elettori di Bernie Sanders, l’uomo che le sta contendendo la nomination democratica, ragionano più o meno come gli elettori di Trump, e cioè votano il loro uomo per la rabbia, la frustrazione, l’insicurezza, i bassi salari, insomma per via della crisi, di cui si dà la colpa a «quelli di Wall Street» e all’establishment in genere, sempre obbediente a quelli di Wall Street. In questo sentimento sta la chiave per capire le primarie americane e forse anche il profilo del nuovo inquilino della Casa Bianca. Negli Stati Uniti spira un vento non dissimile da quello che scuote l’Europa, dove i partiti populisti, contrari alla moneta unica e odiatori degli gnomi di Francoforte, stanno sconvolgendo il panorama del consenso.

Stiamo parlando della terza tappa delle primarie Usa. Che hanno questa stranezza: i democratici se la sono giocata in Nevada, lo Stato di Las Vegas. E i repubblicani in South Carolina. Nei prossimi giorni le parti si invertiranno e poi il 1° marzo ci sarà forse lo scontro decisivo, con la partita del SuperTuesday o Grande Martedi, una dozzina di Stati chiamati alle urne e tra questi Texas, Colorado, Georgia, Massachusetts, Virginia.
A quel punto forse le primarie finiranno, almeno in casa repubblicama, se Trump confermerà gli ultimi exploit... Ma il suo riassuntino mi fa capire che prima di andare avanti bisogna render noti i risultati finali. E allora eccoli. Nevada e caucus democratico...  

Intanto questa parola, «caucus», andrebbe spiegata.
Il caucus assomiglia a un’assemblea di condominio. Gli elettori si radunano in un salone (una palestra o un cinema) e qui chi vuole parla a favore di uno o dell’altro candidato. La preferenza viene espressa spostandosi fisicamente all’interno dello spazio assegnato a ciascun  concorrente. In caso di parità tra i primi due, si porta un mazzo di carte e chi alza la carta più alta ha vinto.   • Stava dicendo del risultato dei democratici.
Sì. Ha vinto Hillary Clinton col 52,7% dei voti e 19 delegati conquistati. Sanders ha ottenuto il 47,2 e 15 delegati. Per Hillary è un grosso sollievo, ma la partita non è per niente vinta. In Nevada la Clinton partiva - solo poche settimane fa - con un 25 per cento di vantaggio. Sanders ha recuperato alla grande e credo che sarà un osso durissimo fino alla fine, specie per l’appoggio dei giovani. Al momento hanno lo stesso numero di delegati, 51 a testa. Per vincere in Nevada, Hillary ha mobilitato tutti gli afroamericani, le cameriere degli alberghi, i croupier dei casino eccetera. C’è un importante voto di colore anche in South Carolina, ed è chiaro che la Clinton spera di staccarsi. Ma Sanders sostiene che il suo è ormai un movimento nazionale, che questi calcoli localistici non hanno più senso. Può darsi che abbia ragione.  

Veniamo ai repubblicani.
È abbastanza incredibile, ma sembra che non ci sia più niente da fare per gli avversari di Donald Trump. Il risultato della South Carolina è questo: Trump 32,5% e 44 delegati; Marco Rubio 22,5% e nessun delegato; Ted Cruz 22,3% e nessun delegato. Jeb Bush ha preso il 7,8% e, conosciuto l’esito del voto, ha abbandonato la gara. In settimana aveva chiamato a dargli manforte il fratello George e la madre novantenne Barbara. È stato anche peggio: scoraggiati dai sondaggi, i suoi finanziatori gli avevano preannunciato la chiusura dei portafogli. È la fine di una dinastia, almeno per questa generazione. Jeb ha salutato così: «La gente dell’Iowa, del New Hampshire e della South Carolina ha parlato. Ho un grande rispetto per le loro scelte, per questo stasera ho deciso di sospendere la mia campagna». I perfidi dicono che l’America è stata capace di mandare alla Casa Bianca due mezze tacche di nome Bush e l’unico che valeva la pena eleggere l’hanno bocciato. Il colpo di grazia gliel’ha dato la popolarissima governatrice del South Carolina Nikki Haley che ha reso pubblica la sua preferenza per Marco Rubio. Rubio a questo punto è diventato l’uomo del partito. Però si presenta con 10 delegati contro i 61 di Trump.  

E Trump che dice?
Se n’è fregato dell’anatema papale e ha ribadito che costruirà il muro al confine col Messico. Ha aggiunto: «Indovinate chi pagherà il conto del muro? Il Messico!».