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 2016  febbraio 20 Sabato calendario

Una visita in anteprima al Museo del calcio della Fifa, che aprirà a Zurigo il 28 febbraio

Il calcio delle reliquie e dei gioielli, e quello giocato nel fango e nella fame. Ricordi e passione viva, il pallone rotola nel tempo dai centri del lusso alle periferie del mondo unendo monumenti e idee. La maglia azzurro Savoia scolorita, scollo a V, stemma e fascio littorio sul petto, di Gino Colaussi ai mondiali ‘38. E la app sul telefonino che fa risorgere il prurito di una storia d’Italia di agricoltori e ciabattini. Le seggiole di legno celeste screpolate di Wembley anni Venti, e le poltroncine degli stadi più celebri dove sedersi e rivedere le migliori partite. È un incrocio di linguaggi il museo del calcio mondiale della Fifa a Zurigo che abbiamo visto in anteprima e che verrà inaugurato il 28 febbraio, due giorni dopo l’elezione del nuovo presidente. La buona notizia che il governo del pallone aspettava dopo lo scandalo di corruzione e credibilità che lo ha travolto negli ultimi mesi. Stefan Jost, il direttore generale del museo: «Abbiamo voluto un luogo che parlasse di futuro, educazione, intrattenimento, e anche di una nuova responsabilità sociale». Non solo santuario, ma laboratorio di esperienze: la Coppa del mondo dalle origini con le sue memorabilia, ma anche la quotidianità, la cultura pop, Facebook e i social, le parole e le strade del calcio della gente.
Centro città, 20 minuti di treno dall’aeroporto. Nebbia, silenzio, vetri. Il lago accanto. Palazzo anni Settanta della Swiss Life, azienda assicurativa, che lo ha affittato con un contratto fino al 2055 alla Fifa che per il restauro ha speso 110 milioni di franchi svizzeri, mentre altri 30 sono serviti per l’allestimento interno (in tutto, circa 127 milioni di euro). Cinque piani di uffici, tre di esposizione. Lavori iniziati nel 2013, sotto il gran capo Sepp Blatter poi dimissionario, con la sola maglia di Colaussi e la Coppa del mondo in mano per costruire la collezione che adesso conta circa mille pezzi, recuperati tra aste e collezioni private, Internet, familiari. Il 30 per cento è esposto su una superficie di circa 3mila metri quadrati, con l’idea che niente è davvero permanente e posseduto in via esclusiva: molti oggetti, frutto di compravendite o di accordi di prestito, andranno in trasferta con una prima mostra già in programma in Brasile a settembre. Archivio digitalizzato, anche dalla fine del mondo il calcio è bellezza in un istante.
Format televisivo, per lo sport che parla universale. Bar, bistro, shop, biblioteca da 4mila volumi, circuito con Flipper vivente, 10 storie di ordinaria mania per il pallone proiettate su pannelli verticali, un cinema con film di 8 minuti che racconta anche il rumore del calcio: le urla, il fiato, gli scarpini sul cuoio. Il direttore creativo, David Ausseil: «Il museo ha una terza dimensione: quella del calcio che entra nella vita di tutti, dall’Occidente all’Africa, dai fumetti alla playstation». La circolarità del pallone è già all’ingresso: 209 maglie delle nazionali affiliate Fifa disposte in tondo nell’atrio mentre sui maxi schermi le immagini di calcio giocato a piedi nudi, sulle montagne, nei deserti. L’archeologia, dal satellite Telstar che ha ispirato il pallone a spicchi bianco e nero al manifesto del primo torneo femminile (1971, Messico). Il ventre e le radici: la base di alabastro originale della sfortunata Coppa Rimet, rubata due volte (nel ‘66 in Inghilterra e nell’83 in Brasile), la seconda per sempre. La galleria dei mondiali, da Uruguay 1930 a Qatar 2022, con le rarità: la maglia a righe bianco verdi del Kimberley, prestata alla Francia nel ‘78, quella del San Lorenzo de Almagro, la squadra di papa Francesco. Le facce dei brasiliani sui fiammiferi del ‘62, lo sterminato archivio di Vittorio Pozzo. La pipa di Bearzot a Spagna ‘82, il disco d’oro Notti Magiche della Nannini a Italia ‘90, il cerchietto di Forlan in Sudafrica, gli occhiali di Lippi a Berlino 2006, tolti dall’ex ct per non romperli nella festa dopo i rigori in finale con la Francia. Il calcio laterale e immateriale, quello di immagini piene di cose.