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 2016  febbraio 20 Sabato calendario

Depardieu contro tutti. Così la presentazione del nuovo film Saint Amour alla Berlinale si è trasformato in uno show

Un fiume in piena, che scorre impetuoso, travolgendo tutto quello che trova sul suo percorso. Gérard Depardieu trasforma la presentazione del nuovo film Saint Amour, ieri fuori gara alla Berlinale, nell’irresistibile show di un mattatore che ha scelto, ormai da tempo, di rinunciare a qualunque regola di diplomazia. Dice quello che gli passa per la testa. E ce n’è per tutti. Con una sola eccezione, il presidente Vladimir Putin: «Lo ammiro profondamente, per me quella con la Russia non è un’avventura, ma vero amore. Mi sento molto russo, e d’altra parte come potrei sentirmi francese con il presidente che ci ritroviamo?».
E non è tutto: «So che molti francesi non approvano questa mia scelta, ma io sono quello che voglio, e non mi sento, per questo, in difficoltà. E poi anche in Russia ho i miei oppositori, hanno da ridire sul fatto che il Presidente mi abbia concesso con tanta facilità il passaporto». La politica non c’entra, dichiara l’attore, ma le sue sfuriate non sono mai incolori e, perfino quando risponde sul tema dei rifugiati, riesce a infilare le sue stoccate: «Ho visto che George Clooney è venuto qui ed è andato a trovare Angela Merkel, ma trovo grave che gli attori si mettano a fare politica».
E ancora: «La televisione continua a mostrarci immagini di profughi e immigrati, mescolandole con la pubblicità e tutto il resto, in questo modo ci sta facendo perdere ogni sensibilità».
Nel mirino, per ragioni diverse, anche altri colleghi, colpevoli di «recitare con gli auricolari, come fa Bruce Willis, ma questo lavoro non funziona così, non è come il karaoke. Sapere sempre, esattamente a memoria, che cosa il personaggio deve dire, non lo rende più credibile, anzi». Così come, spara ancora Depardieu, non c’è da gridare al miracolo per prove come quella di Leonardo DiCaprio in Revenant: «Gli daranno l’Oscar, come se non si sapesse che quelle scene di neve e di gelo sono tutte false, girate a due passi dai riscaldamenti».
Esternazioni che non levano niente al Depardieu attore, un fuoriclasse capace sempre di entrare nella pelle dei personaggi come dimostra anche in Saint Amour, con un’irresistibile carica umana: «Riesco benissimo a fare lo stupido, ma non sono capace di apparire completamente cattivo. Ricordo Bernardo Bertolucci quando sul set di Novecento mi confessò che non riusciva in nessun modo a rendermi antipatico».
Stavolta tra i vigneti di Saint Amour («Siamo fuori competizione, ma non credo che i film in gara possano essere migliori del nostro»), diretto dai due registi Benoit Delépine e Gustave Kervern, Depardieu è un padre con i capelli bianchi da poco rimasto vedovo e deciso a occuparsi del figlio Bruno (Benoît Poelvoorde), che non conosce ancora il mondo nonostante sia un uomo fatto, amante di grandi bevute: «È una commedia che parla d’amore, con una comicità che parte dalle situazioni come quelle che si facevano un tempo in Francia e che ora non si fanno più».
Il viaggio del padre, del figlio e del giovane tassista che li accompagna (Vincent Lacoste), è costellato di incontri, dalla morbida turista golosa Andréa Ferréol all’amazzone Venus (Céline Sallette), passando per la venditrice ambulante Chiara Mastroianni e soprattutto per il gestore di un improbabile bed & breakfast, interpretato nientedimeno che dallo scrittore Michel Houellebecq: «Un grande pensatore, che ha dato molto alla letteratura e ha accettato di mettersi a disposizione di questa storia».
Un road-movie ad alto tasso alcoolico che parla di ricerca della felicità, anche se, come fa notare Depardieu, «quando siamo veramente felici non sappiamo di esserlo, ce ne accorgiamo sempre dopo, nel momento in cui non lo siamo più».