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 2016  febbraio 20 Sabato calendario

A Bruxelles s’è riunito il Consiglio europeo e naturalmente si litiga a tutto spiano, al punto che un english breakfast che doveva tenersi di prima mattina, al termine di colloqui che si credevano rapidi e senza problemi, si è trasformato in un brunch, la colazione delle 10

A Bruxelles s’è riunito il Consiglio europeo e naturalmente si litiga a tutto spiano, al punto che un english breakfast che doveva tenersi di prima mattina, al termine di colloqui che si credevano rapidi e senza problemi, si è trasformato in un brunch, la colazione delle 10.30, poi in un english lunch delle 13.30 riprogrammato ben presto per le 14.30, poi slittato alle 16 e infine tramutato in un english dinner (17.30): cioè nessuno dei comitati, sottocomitati o gruppetti di due-tre delegati riusciva a trovare un minimo d’intesa che consentisse di mangiare in pace. I cronisti intanto hanno annotato il gelo tra la Mogherini e Renzi, che non si sono rivolti la parola, e tra Renzi e la Merkel, specie dopo che il premier ha detto la verità sulle prime due banche tedesche, cioè Deutsche e Commerzbank, piene di debiti e titoli tossici. La Germania è abituata a far la maestra e non gradisce ditini alzati verso di lei.

Ordine del giorno di questo ennesimo summit tempestoso?
La questione migranti, la questione Schengen, la questione Gran Bretagna.  

Esiste una questione Gran Bretagna?
Sì, perché l’anno prossimo il primo ministro Cameron ha promesso agli inglesi un referendum sulla permanenza nella Ue e per i capi dell’Europa la parola referendum è tabù: quando si provarono a pronunciarla i governanti greci, dovettero subire una lavata di capo memorabile. A Londra però non si possono far ramanzine, e quindi l’Europa prova a far accettare a Cameron tutta una serie di concessioni che diverranno operative solo quando il referendum sancirà che gli inglesi non intendono abbandonare l’Unione. È una lista lunga, i cui punti principali sono tre: 1. la possibilità per il governo britannico di sospendere i benefici fiscali nei confronti dei cittadini di altri paesi europei che vanno a lavorare nel Regno Unito; 2. modifica dei trattati europei così da specificare che la parte in cui si parla di un’unione sempre più stretta non riguarda il Regno Unito; 3. garanzie di maggiore indipendenza delle società finanziarie con sede nel Regno Unito dai regolatori europei. In sostanza, il risultato è questo: che l’Inghilterra non sarà in nessun modo obbligata a seguire il proposito di un’integrazione sempre più stretta tra i paesi dell’Unione. Avremo quindi un’Europa a due velocità: una che vuole unirsi sempre di più, l’altra che intende restarsene per i fatti suoi e non essere forzata a nessun genere di matrimonio. Cameron non ha fatto capire se e quanto gli piace questa proposta, e ieri sera Renzi si è detto «meno ottimista di quando sono arrivato». Ma bisogna anche tener conto delle esigenze di immagine del primier britannico, il quale deve tornare a casa facendo credere di aver affrontato e vinto una dura battaglia. L’accordo non c’è adesso, ma ci sarà magari già tra un mese, cioè al prossimo appuntamento.  

Credo che a noi stia a cuore soprattutto la questione dei migranti.
Sul tavolo ci sono almeno due grossi nodi. L’Austria vuole contingentare l’ingresso di richiedenti asilo limitandoli a 80 al giorno, per un totale annuo non superiore ai 37.500. Dice il cancelliere austriaco, Werner Faynman: «È un numero proporzionato al numero dei nostri abitanti. Se tutti gli altri stati europei facessero così, potremmo sistemare due milioni di persone». È possibile, ma il vertice europeo ha condannato la mossa di Vienna come contraria alle regole europee. L’altra questione riguarda i quattro paesi dell’Europa Orientale, Ungheria, Polonia, Cechia e Slovacchia: qui si continua a parlare di muri e di rifiuto di qualunque straniero. Renzi ha attaccato a testa bassa.  

Che ha detto?
«Basta con le prese in giro. La solidarietà non può essere solo nel prendere. Inizia ora la fase della programmazione dei fondi 2020. O siete solidali nel dare e nel prendere, oppure smettiamo di essere solidali noi Paesi contributori. O accettate i migranti, o noi, Paesi contributori, vi bloccheremo i fondi. E poi vediamo». In pratica il nostro presidente del Consiglio ha fatto sapere a quelli dell’Europa dell’Est che se fanno di testa loro sui migranti si vedranno tagliare i contributi. Non so neanche se l’Italia ha davvero i poteri per fare una cosa simile. In ogni caso, il portavoce ungherese Zoltan Kovacs ha risposto a nome di tutti che quello di Renzi «è un ricatto politico».  

E i tedeschi? Non solo saliti affatto su questa specie di ring?
Sulla questione dei migranti è intervenuto il loro ministro dell’Interno Thomas de Maizière, preoccupato che se tutti chiudono le frontiere, il problema resti sulle spalle della Germania. «Nel caso in cui alcuni Paesi dovessero tentare di trasferire i problemi comuni unilateralmente e sulle spalle dei tedeschi lo troveremmo inaccettabile e sarebbe incassato da parte nostra alla lunga non senza conseguenze». Il ministro non ha specificato meglio le sue minacce. La Merkel è invece intervenuta sul pericolo che il sistema di Schengen, a causa di tutte queste chiusure, evapori. «La questione centrale dell’attuale crisi dei rifugiati è che il sistema Schengen va ristabilito in pieno. Significa avere gli hotspot (i centri d’indentificazione) che funzionano, in Italia ma soprattutto in Grecia. Ed avere schemi di relocation», cioè di la possibilità di redistribuire tra tutti i disperati che arrivano da noi. Al momento di questa bella dichiarazione la Kanzlerin non sapeva ancora delle chiusure austriache.