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 2016  febbraio 19 Venerdì calendario

Il Venezuela alza il prezzo della benzina del 6.000%

Più che di Rivoluzione bolivariana il Venezuela avrebbe bisogno di una Rivoluzione copernicana. Almeno in ambito economico. Nicolas Maduro, sul bordo del precipizio, gioca l’ultima carta per salvare se stesso e il Paese da un default e forse anche dagli scontri di piazza. Una maxi manovra finanziaria per tamponare qualche falla nel bilancio del Paese e distribuire magre risorse agli indigenti.
Non resta più nulla dei princìpi politici cui si ispirò Hugo Chavez, poco meno di vent’anni fa: democrazia partecipativa, riconoscimento internazionale, introiti petroliferi per le politiche sociali. Oggi il Paese vive una crisi drammatica.
Il Venezuela di Nicolas Maduro, ieri notte, ha approvato una maxi stangata: il prezzo della benzina si impenna: da 0,4 bolivar a 2,2 per un gallone (3,7 litri, ndr). Anche se, in confronto a qualsiasi altro Paese al mondo, mantiene un prezzo irrisorio: un pieno di benzina costa poco più di litro d’acqua minerale. Con un dollaro si acquistano 170litri di benzina.
Non è tutto. Il bolivar, la moneta nazionale, patisce l’ennesima svalutazione rispetto al dollaro. Ed è proprio l’inevitabile tracollo della valuta nazionale rispetto al dollaro a contribuire enormemente all’iperinflazione di un Paese che importa tutto e esporta quasi solo petrolio di cui pure ha enormi riserve. Il 90% degli ingressi in valuta estera sono determinati dall’export di greggio.
Nei giorni in cui la diplomazia internazionale si muove per stabilizzare il mercato e far risalire i prezzi del petrolio, l’annuncio di una maxi manovra finanziaria potrebbe provocare ulteriori elementi di inquietudine.
Il Venezuela è tra i Paesi che hanno partecipato al vertice di Doha, due giorni fa. Caracas è stata la capitale più attiva dei Paesi Opec nel tentare di coaugulare consensi attorno a una stretta dell’offerta che puntellasse i prezzi. Il Paese caraibico è “attenzionato” nell’Emisfero americano proprio perché è uno dei principali fornitori di greggio degli Stati Uniti.
Rivoluzione in pezzi
«Chiedo il massimo appoggio al nostro popolo. O le facciamo noi o le facciamo noi, non c’è scelta». Maduro parla della manovra finanziaria e lo fa con toni apocalittici. «Questa lotta per la sopravvivenza del modello economico sarà portata avanti fino alla morte». Poi ancora: «Costretti ad aumentare il prezzo della benzina perché ora è quasi regalata». Il rincaro è compreso tra il 1000% e il 6000%, a seconda del numero di ottani contenuti nella benzina.
È costretto a fare appello ai suoi sostenitori per salvare il salvabile di quella Rivoluzione bolivariana sempre più sbrindellata. Con il prezzo del petrolio che veleggia attorno ai 30 dollari al barile, una congiuntura internazionale fiacca e senza il carisma di Chavez il Paese è in ginocchio.
La manovra di Maduro da una parte potrebbe consentire al governo di Caracas di fare cassa e poter affrontare le varie emergenze del Paese, dall’altra genera ulteriori tensioni all’interno dello schieramento politico tra i post-chavisti e i liberisti.
La crisi che attanaglia il Paese è sempre più grave. L’inflazione prevista nel 2016 dal Fondo monetario internazionale è del 700%, la più alta del Paese.
Scarseggiano gli alimenti
Il sistema di produzione, quello di distribuzione, l’inflazione e l’accerchiamento politico. Il Venezuela non riesce a divincolarsi da un processo regressivo, una recessione profonda. «La centralizzazione delle decisioni commerciali», denuncia l’opposizione, «la voracità delle imprese internazionali che vorrebbero incassare utili miliardari in tempi record», replica il governo. Uno scontro frontale, combattuto a colpi di annunci a reti unificate, di decreti presidenziali di Maduro; dall’altra parte la compattezza degli operatori economici che reclamano dimissioni. Intanto però gli scaffali dei supermercati sono sempre più vuoti.