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 2016  febbraio 19 Venerdì calendario

Una mattina all’asta degli oggetti smarriti di Milano

Almeno stavolta non è andata all’asta, come in un’altra memorabile occasione, una gamba di legno: più incredibile che qualcuno l’abbia persa o che non sia mai andato a reclamarla? In ogni caso, passare una mattina alla vendita degli oggetti smarriti di Milano, è un’esperienza curiosa. A partire dal posto dove va all’incanto questo campionario dell’umana sbadataggine. È un capannone a Redecesio, in periferia, con le pareti coperte dalle malinconiche reliquie di fallimenti e altre sconfitte. C’è ancora quel che resta del crac Finarte, come un terribile busto marmoreo di Napoleone o un non meno repellente ritratto a olio di Vittorio Emanuele III in grigioverde (più grigio che verde, in effetti).
Una parete di stampe e disegni è parte dell’«eredità rilasciata di Craxi Benedetto detto Bettino». Fu, nel ’97, una vicenda clamorosa: la collezione di Craxi fu bloccata dalla Finanza mentre partiva da Livorno per la Tunisia, seguì una lunga e farraginosa controversia legale, la famiglia rinunciò ai beni e alla fine il Tribunale incaricò la Bolaffi di disperderli. Il meglio se ne andò allora, il bronzo di Depero, le incisioni di Rembrandt e Goya, i famosi cimeli garibaldini. Oggi restano solo alcuni banalissimi quadretti il cui unico interesse è di essere appartenuti a Craxi. O forse nemmeno questo. Commenta un ragazzotto col codino venuto a cercare un iPhone d’occasione: «Craxi, chi?» Sic transit...
Più modestamente, i tre attuali giorni di asta (ieri, oggi e domani) riguardano gli oggetti persi a Milano nel ’14 e nel ’15. Il Comune li deve conservare per un anno, poi se nessuno li ha reclamati se ne sbarazza. In tutto, sono più di tremila. Ovviamente, sono ben rappresentati i grandi classici della sbadataggine: occhiali (400 paia), portafogli (200), ombrelli (75), zaini, borse, borsette, caschi. Più curioso che qualcuno abbia lascito nella metro o sul bus o nella pubblica via una macchina per fare il pane (nuova), un forno elettrico (idem), una carrozzina per neonati (usata) e un seggiolino da bici per bambino, usato pure lui. E poi: dodici piastre per capelli, sette phon, due trapani, due macchine per scrivere.
Più il solito assortimento elettronico, tanti telefonini e tablet, che però, viene annunciato con grande delusione del codino, saranno battuti oggi. E anche un anello d’oro con smeraldo, tenuto per il gran finale di domani. Tutto è esposto in sacchi di plastica: vedere per comprare. Il battitore, Giulio Camozzi, ha il tradizionale martello di legno, molto brio e un gran senso del ritmo (sarebbe perfetto come presentatore a Sanremo): del resto i lotti sono tanti che bisogna correre. Si inizia con tre trolley, aggiudicati per 10 euro; poi sei per 40 e nove per 110. La carrozzina, «senza bambino», risate, va via per 20 euro, 50 paia di occhiali, metà da vista e metà da sole, per 60, nove caschi da moto per 30. La battaglia più accanita si combatte per dieci borse ventiquattrore: di rilancio in rilancio, aggiudicate per 90 euro.
Pubblico misto: curiosi a caccia dell’affare, curiosi e basta, piccolissimi commercianti, chiaramente habitué: si vede da come salutano gli impiegati e si salutano fra loro. C’è anche merce nuova, sequestrata agli abusivi che l’hanno lasciata «sul campo» durante un controllo. Fra qualche giorno, sarà di nuovo esposta nelle stazioni della metro. Ah, il seggiolino da bici per il pupo è stato venduto per 25 euro, un affarone.