Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 19 Venerdì calendario

Per Di Battista quella sulle unioni civili è «solo una legge come altre venti». Intervista

Da 200 a 49. I candidati Cinquestelle per il comune di Roma passano ora alla seconda fase. Tra i primi dieci c’è il nome che proverà a prendere il Campidoglio per il M5S, ma solo sei hanno accettato, gli altri quattro correranno da consiglieri. Sono Marcello De Vito, Enrico Stefàno, Virginia Raggi, Paolo Ferrara, Teresa Zotta, Annalisa Bernabei. Questi sono risultati i più votati dagli attivisti del Movimento.
Onorevole Di Battista, lei ha votato?
«Certo».
Ci dice per chi?
«Non lo dico perché non voglio favorire nessuno».
Come dev’essere il candidato del M5S per Roma?
«Il coraggio è la qualità più importante, e poi serve avere competenze giuridico-amministrative».
Ma non è che il vostro metodo di selezione è troppo penetrabile? Penso, per esempio, al candidato revisionista.
«È questo metodo che ci consente di capire la presenza di candidati all’altezza o meno. Gli altri partiti partono dal leader, noi facciamo il contrario. Andiamo fieri di questa fase interlocutoria anche se ci prendono in giro. Alcune persone che qualche anno fa sono state prese in giro per il loro video di presentazione oggi vengono spinte a candidarsi».
Come lei?
«Sì, anche io fui preso in giro per il mio video di presentazione.
Davvero non ha mai accarezzato il sogno di diventare sindaco di Roma?
«C’ho pensato. Sarebbe falso dire il contrario. Ma, come sa, ho fatto immediatamente la mia scelta, decidendo di rispettare il mandato parlamentare che mi hanno affidato i cittadini».
Che succede se a Roma vincete e vi ritrovate un altro Pizzarotti?
«Da sempre, in ogni forza politica, non ci sono rapporti semplici tra il centro e le realtà locali. Ma l’unica cosa che il M5S non accetta è il mancato rispetto del programma».
Lei ha definito Giachetti una persona onesta. Non è la massima onorificienza nel M5S?
«Se Giachetti fosse intellettualmente onesto si dimetterebbe dal Pd. Palazzinari, costruttori, lobbisti della mondezza: investiranno tutti nella campagna elettorale, vedrete. Qualsiasi sindaco vinca dovrà essere una persona che risponda solo ai cittadini. Dello sfascio della città sono responsabili tutti, da Rutelli fino ad Alemanno passando per Veltroni»
E Marino?
«Anche, ma a sua insaputa. Se oggi a Roma c’è un vuoto di potere, durante il Giubileo, la responsabilità è tutta del Pd».
Poi c’è il centrodestra.
«Il centrodestra non è interessato alla soluzione dei problemi della Capitale. Sono interessati solo alla futura carriera politica dei tre leader che lo compongono. Salvini ha fatto l’errore della vita ad allearsi con Berlusconi. Un errore di vanità che gli ha fermato la corsa».
Allora è vero che fate la campagna elettorale sul centrodestra.
«Noi la campagna elettorale la facciamo su tutti, soprattutto sull’astensionismo».
Sulle unioni civili avete dato questa impressione e gli attivisti Lgbt vi hanno accusati di tradimento.
«Chi parla di tradimento dovrebbe chiedere conto a un parruccone da ancien régime come Zanda. Sono gli elettori del Pd che dovrebbero chiedere a Renzi di mettere la fiducia».
Ma Renzi ha dato libertà di coscienza, come voi d’altra parte.
«L’ha fatto quando ha capito che non aveva i voti e se n’è tenuto fuori per evitare una crisi di governo».
Se, seguendo il suo ragionamento, si arrivasse a una crisi di governo, quella legge rischia di non vedere mai la luce.
«E allora? Quella sulle unioni civili è una legge importante come altre venti».