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 2016  febbraio 19 Venerdì calendario

Salvini scarica Bertolaso e scatena le ire della Meloni e di Berlusconi. Ancora caos nel centrodestra

«Matteo, così non possiamo andare avanti. C’eri anche tu quando abbiamo dato il via libera a Bertolaso o sbaglio? Adesso non possiamo rimangiarci la parola data». Doveva essere la giornata del sigillo definitivo sulle amministrative, della bollinatura finale sulla candidatura di Guido Bertolaso a Roma, della pace tra i tre partiti del centrodestra. E invece, il Silvio Berlusconi che in tarda mattinata alza il telefono e chiama Matteo Salvini è un leader ormai consapevole che è tutto sul punto di saltare. A Roma, dove la candidatura di Guido Bertolaso – appena stroncata dal leader leghista – sembra naufragare. E a livello nazionale, visto che una furibonda Giorgia Meloni, non appena riesce a mettersi in contatto col telefono rosso di Palazzo Grazioli, urla nelle orecchie al leader forzista che «al vertice io non ci vengo, Salvini è inaffidabile e ha un patto con Marchini, a ‘sto punto fate pure senza di me». Finisce con il vertice annullato e con una gelida nota, firmata da Berlusconi, in cui l’ex premier mette nero su bianco che «le tre forze del centrodestra», e quindi anche la Lega, «hanno indicato il dottor Guido Bertolaso come loro candidato a sindaco di Roma».
Che Salvini non vedesse di buon occhio la nomination dell’ex numero uno della Protezione civile, a cui preferisce Alfio Marchini, era cosa nota. La sorpresa, semmai, è che ieri mattina il leader del Carroccio, mentre annuncia per il 25 aprile «una grande marcia per gli italiani che non si sentono schiavi», cerca tutti i microfoni e le telecamere per mettere a verbale che «la partita su Bertolaso non è ancora chiusa. Voglio prima ascoltare cosa ne pensano i romani». La Lega, insomma, contesta all’ex sottosegretario a Palazzo Chigi sia la linea morbida sui campi rom che la simpatia manifestata nei confronti di Roberto Giachetti.
Tempo che le sortite di Salvini facciano il giro delle agenzie di stampa e la Meloni, sentendosi scavalcata a destra, si chiama fuori dal vertice. «Questo», e cioè Salvini, «vuole scacciare dalle notizie del giorno la storiaccia della sanità lombarda. Ma io non gli consentirò di farlo sulla mia pelle», si sente dire nei tanti consulti che la leader di Fratelli d’Italia fa coi suoi. A quel punto, a Berlusconi non rimane che prendere di petto Salvini e provare a strappargli una mezza «pace», per quanto armata. Ma la toppa della dichiarazione d’intenti («Bertolaso è stato scelto da tutti e tre i partiti») non copre l’intero buco. E la tensione resta alle stelle. «La candidatura di Bertolaso non arriva a marzo», è la scommessa di Francesco Storace, candidato de La Destra. Dice la sua anche Gianfranco Fini. «È impazzita la maionese, i tre cuochi non riescono a portare in tavola un piatto decente. La Meloni? Ragazzina con la testa montata, ridicola…». E Donna Assunta Almirante, nome tutelare di quel che resta dell’universo post-missino: «Meloni o Gasparri, chiunque sosterrà persone diverse da Storace può considerarsi fuori dalla nostra storia. ‘Sti due sono nati, cresciuti e pasciuti da Almirante. Hanno l’obbligo di schierarsi con un missino, punto. Bertolaso non so chi sia, non voglio neanche nominarlo».