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 2016  febbraio 19 Venerdì calendario

A colloquio con Monti, parlando di Renzi e dei «maestri muratori della decostruzione europea»

Mario Monti non ci si ritrova proprio e non si stupisce. Non si ritrova, il senatore a vita, nel ritratto che immediatamente molti fanno di lui non appena le sue parole iniziano a esercitare il loro peso sulla classe politica italiana: subito partono le insinuazioni secondo le quali l’ex commissario europeo agisce d’intesa con chissà chi a Bruxelles o a Berlino contro il governo italiano di turno. Ma non si stupisce, perché non succede la prima volta e magari non sarà l’ultima. Monti ha sempre visto nelle teorie del complotto più fantasiose la tecnica perfetta per mettere la testa nella sabbia; per cercare cosa c’è «dietro» in modo da non dover vedere il problema davanti agli occhi di tutti.
Ciò che ha sorpreso Monti è piuttosto la reazione di tanti senatori l’altro ieri, dopo che l’ex premier ha usato parole chiare all’indirizzo di Matteo Renzi. «Lei sta facendo correre grossi rischi all’Italia e all’Europa – aveva detto al presidente del Consiglio —. Lei non manca occasione per denigrare l’Unione introducendo negli italiani una pericolosissima alienazione nei confronti dell’Europa». L’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini, l’ex ministro della Difesa Mario Mauro, ma anche molti dalle file del Pd e persino di Sel sono venuti a complimentarsi con Monti. In privato, certo. Qualcuno di loro ha osservato che lo scambio fra l’ex premier e il premier aveva riportato il dibattito politico in Senato dopo molto tempo.
A freddo, il giorno dopo, Monti non si lascia trasportare dalla polemica. Continua a parlare d’Europa, anche se il posto del suo Paese nell’Unione non è mai lontano dalle sue preoccupazioni. «A far sì che la Ue non funzioni è, in gran parte, il fatto che i governi degli Stati membri da qualche anno hanno smesso di vedere nella Ue un investimento, il grande cantiere per costruire una casa comune, anche nell’interesse di ogni Paese», dice l’ex premier. Aveva affidato parole simili a un intervento per Le Soir e El Pais poche settimane fa. Ma ora continua nella stessa riflessione, non senza una dose di amarezza. «Ormai, i governi vedono nella Ue un “bene di consumo”. Quando vanno a Bruxelles per partecipare al Consiglio, non portano più il loro mattone; piuttosto, cercano di staccare un mattone dalla casa semi-costruita, di triturarlo e di trasformarne la polvere (sì, polvere d’Europa) in consenso per sé, per il proprio partito, da parte dell’opinione pubblica nazionale».
Monti non nomina mai Renzi, anche perché certamente non pensa solo a lui. Non vede nello stile del premier italiano un caso isolato di questi tempi. Ma il professore non fa sconti: «Molti politici nazionali, che sovente si professano europeisti – e magari perfino credono di esserlo! – sono diventati maestri muratori della decostruzione europea – osserva —. In questo raffinato reverse engineering, puntano ad estrarre popolarità domestica dal mattone sia mediante le opere (cioè le decisioni che prendono a quel tavolo dei 28, decisioni intestate alla Ue ma che in realtà sono spesso una cacofonia risultante da 28 interessi politici di parte, di solito mascherati da “interessi nazionali”), sia mediante le parole (il modo, sovente caricaturale o fuorviante in cui descrivono la Ue ai loro concittadini)». Non che sia la prima crisi europea alla quale Monti assiste da molto vicino. Non era stato facile neanche il percorso di avvicinamento all’euro, quando lui stesso era commissario europeo e prima ancora. Ma molto è cambiato. «Rispetto ad allora, i nazionalismi sono diventati in molti Paesi europei realtà concrete e forti – riflette Monti —. Oggi appaiono compatibili tra loro o addirittura sinergici perché hanno un obiettivo comune, togliere spazio alla Ue e darlo alle sovranità nazionali. Ma, in un’Europa senza Unione Europea, i nazionalismi tenderebbero a scontrarsi tra loro. In una fase storica in cui le guerre, perfino dentro il continente europeo e ancor più ai suoi confini, sono purtroppo tornate ad essere reali e frequenti, possiamo davvero pensare che, senza il forte quadro di una convivenza organizzata in Unione, i nazionalismi dei nostri Paesi non ricorrerebbero alle armi, insanguinando di nuovo il territorio dell’attuale Ue, come hanno fatto così spesso nella Storia?».