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 2016  febbraio 19 Venerdì calendario

Caso intricatissimo in America: l’Fbi chiede alla Apple di sbloccare il sistema di sicurezza che protegge i dati contenuti nel cellulare di un terrorista morto, e la Apple risponde di no, sostenendo che in questo modo verrebbe messa in pericolo l’intimità (la privacy) di tutti i possessori di un telefonino Apple

Caso intricatissimo in America: l’Fbi chiede alla Apple di sbloccare il sistema di sicurezza che protegge i dati contenuti nel cellulare di un terrorista morto, e la Apple risponde di no, sostenendo che in questo modo verrebbe messa in pericolo l’intimità (la privacy) di tutti i possessori di un telefonino Apple. Gli altri giganti di internet e dei cellulari, tra cui specialmente Google e WhatsApp (cioè Facebook), sono d’accordo con Apple. L’Fbi ricorrerà di sicuro alla Corte suprema che ci metterà parecchio tempo per decidere. I sondaggi dicono che gli americani sono divisi a metà: cinquanta per cento dà ragione a Apple, l’altro cinquanta per cento al Federal Bureau.

Chi è il terrorista?
È quello della strage di San Bernardino, lo scorso 2 dicembre. Un americano di origine pakistana, di nome Syed Farook, 28 anni, che si mise a sparare in un centro per disabili di San Bernardino, in California. Aveva accanto a sé la moglie pakistana sposata da poco, di nome Tashfeen Malik. I due ammazzarono 14 persone, poi scapparono su un Suv, vennero bloccati dalla polizia e uccisi. Da allora è cominciata un’indagine a tappeto specialmente su di lui, che rappresenta il prototipo del terrorista-incubo: americano, addirittura impiegato in un’amministrazione pubblica con uno stipendio di 70 mila dollari l’anno, mai un gesto compromettente. Si tratta cioè del terrorista insospettabile, impossibile da prendere prima che abbia commesso il suo delitto. Non lo conoscevano neanche quelli dell’Isis, a cui pure si proclamava affiliato. Per gli investigatori, in questi casi, è essenziale ricostruire la rete di amicizie e di complici, all’interno della quale potrebbe nascondersi un altro soggetto capace di commettere un altro eccidio. Quale oggetto si presta meglio del cellulare, per saperne di più?  

Se capisco bene, hanno tentato di entrare nel cellulare di questo Farook e non ci sono riusciti.
Farook aveva un modello iPhone 5C, neanche dei più aggiornati. Oggi Apple vende telefonini che aprono la loro cassaforte di dati addirittura con l’impronta digitale! Ma nel caso del 5C si possono nascondere i dati personali con un codice numerico di quattro cifre, e se non si conosce il codice numerico non si entra.  

So che in questi casi si mette in funzione un piccolo software che prova tutte 9.999 combinazioni a gran velocità, e il codice si scopre in pochi secondi.
Non in questo caso. Intanto, se si procede a caso, il software contenuto nel 5C permette di andar veloci solo per i primi quattro tentativi (0000, 0001, 0002, 0003). Al quinto (0005) chiede di aspettare un minuto, al sesto di aspettare 10 minuti, all’ultimo (0009) un’ora. Ma se non si indovina l’ultimo tentativo, il sistema distrugge automaticamente tutti i dati contenuti nella memoria protetta. Il cellulare torna come nuovo. Si può telefonare, ma non ci sono più segreti. L’Fbi, se prova i suoi dieci tentativi e non ci azzecca, si perde i misteri di Farook. Quindi, appellandosi a una legge del 1789 che si chiama All Writs Act (qualcosa come “Legge relativa a tutti gli ordini di comparizione”) e che da allora è comunque stata modificata parecchie volte,  ha chiesto a Apple di costruirle un software che le dia accesso alla parte riservata del cellulare.  

Come è possibile che Apple abbia risposto di no?
Il suo amministratore, Tim Cook, sostiene che se si costruisce una chiave informatica di questo genere, qualche hacker se ne potrà impossessare e la riservatezza di tutti gli utenti iPhone del mondo sarebbe messa in pericolo. Inoltre, dir di sì all’Fbi costringerebbe Apple a dir di sì anche ad altri autorità pubbliche, magari dittatoriali, che volessero penetrare nell’intimità dei propri cittadini. Il dibattito è molto ricco di interventi, ma il succo delle posizioni prese da ciascuno è questo. Come ho detto, l’America è spaccata in due.  

Quali principi sono coinvolti?
La prima questione riguarda il possessore della forza. Nelle democrazie occidentali si teorizza, almeno all’atto della fondazione, che la forza debba essere solo dello Stato, e sia pure controbilanciata da un sistema di pesi e contrappesi. Se il giudice ordina nella giurisdizione che gli compete è inaudito che gli si disobbedisca. In questo genere di conflitti l’ultima parola, negli Uda, spetta alla Corte suprema, i nove giudici a vita (in questo momento otto, per la morte di Scalia) che sono nominati dai presidenti degli Stati Uniti. Spetta a loro soppesare i pro e i contro dei vari princìpi che vengono messi in forse in un caso come questo. C’è poi l’altra questione, a cui pure forse la Corte sarà sensibile (e che potrebbe essere fonte di guai seri per Apple e per gli altri): è palese che le grandi major di internet commerciano in dati sensibili, come sa ognuno di noi che abbia cercato in rete una cura per il mal di schiena e che si sia visto dopo pochi minuti sommerso da messaggi pubblicitari relativi proprio al mal di schiena. Apple e gli altri hanno la coscienza totalmente a posto per fare una battaglia in nome della riservatezza? E inoltre: che argomenti porterebbero, questi potenti sovrani dell’informazione, se qualcun altro, in California, facesse una strage come quella del 2 dicembre e risultasse poi amico di Farook, cioè del tutto individuabile se Apple avesse fornito in tempo il software che oggi si rifiuta di costruire?