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 2016  febbraio 18 Giovedì calendario

Ma cosa dice esattamente questo accordo sul libero scambio che dovrebbe cambiarci la vita?

Uno degli aspetti più topici di quest’epoca, di fronte ai grandi temi che riguardano il futuro nostro e dei nostri figli e nipoti, è il Ttip, acronimo inglese di Transatlantic Trade and Investment Partnership, che non abbisogna neppure di essere tradotto, essendone chiaro, anche a noi della plebe, il significato. Sulla carta appare come «un trattato di libero scambio che abolisce i dazi doganali e uniforma i regolamenti». Coinvolge i 50 Stati americani e i 28 Paesi europei, 820 milioni di cittadini, il 45% del pil mondiale, prodotto da poco più del 10% della popolazione mondiale. Lungi da me un’analisi, in 4mila battute, di quel poco che si sa di questo trattato, non avrei le capacità intellettuali e tecniche per farlo. Mi limito a raccontare ai lettori, perché fin dal primo momento in cui ne venni a conoscenza, tanti anni fa, mi schierai contro, ottusamente, senza se e senza ma.
Sono un liberale mite, un cattolico gentile, un Ápota roccioso, il tema avrebbe dovuto essere musica per le mie orecchie. Perché allora, pur non avendo alcuna informazione, solo dei «titoli» assolutamente coerenti con il mio credo politico-economico, provai un senso profondo di repulsione fisica e mentale verso il Ttip? A Torino si chiama «sgiai». Per la prima volta nella mia vita di analista in un giudizio prevalse l’aspetto formale rispetto a quello dei contenuti, che oltretutto non conoscevo, non essendo essi disponibili, perché secretati.
Sono anni che del Ttip scrivo, in ItaliaOggi ho trovato colleghi che lo trattano con ben più dottrina, con ragionamenti ben più articolati dei miei di radicale negatività, sulla base di segnali deboli stravaganti e personali come sono quelli che mi turbano. Sono grato al Direttore che si fidò delle miei sensazioni e non della documentazione di supporto, che non avevo.
Ripeto sono contro il Ttip non per gli obiettivi che si pone, non per i contenuti del trattato, visto che non sono noti, ma perché ho la certezza (psicologica) che sia contro la libertà di noi cittadini europei. Per confermare questa certezza, ripeto solo psicologica, sono continuamente alla ricerca di documentazione che me la avvalli. Un amico mi ha fatto avere uno scritto («The Opposity of Transparency») di Katjia Kipping (ho scoperto essere la leader di Die Linke). Era il segnale debole che mi mancava.
Il Vice Cancelliere tedesco Sigmar Gabriel (con Matteo Renzi uno dei maggiori tifosi del Ttip nell’ambito del Pse) ha predisposto una «Sala di Lettura» nel suo Ministero degli Affari Economici. Qua, da qualche giorno, i parlamentari tedeschi che lo richiedono, possono consultare per 2 ore 2 i testi parziali del Ttip, ove è già stato raggiunto un accordo.
Prima una guardia (mi ha ricordato Silvio e il suo mitico kapò) l’ha privata di borsa, giacca, cellulare, macchina fotografica, poi ha dovuto firmare una lunga serie di documenti, infine è stata condotta in una camera (immagino blindata, piena di telecamere e sensori di ogni specie). Si è seduta alla sua postazione ma il computer non era collegato a internet (ovvio nelle celle non è ammesso), malgrado un termos di caffè era impossibile in 2 ore 2, senza alcun supporto legale, leggere e capire le 300 pagine. Cita un caso. Gli Usa garantiscono che non ci saranno restrizioni per introdurre in futuro «regole basate sulla scienza». Peccato che già oggi gli Usa considerino gran parte del regime di sicurezza alimentare della Ue come «non basate sulla scienza». Tipica buffonata anglosassone, stante che per loro è scientifico ciò che coincide con i loro interessi.
Avendo firmato clausole capestro, Katjia Kipping non ha potuto rivelare nulla di cui ha letto, ma essendo ragazza sveglia (ha 37 anni), si è focalizzata giustamente su un’affermazione di Sigmar Gabriel «il Ttip sarà di particolare beneficio per le piccole e medie imprese». Ebbene, le clausole le vietavano di parlare di ciò che aveva letto, ma non c’era nessuna clausola che vietasse di rivelare ciò che «non» aveva letto. Nelle 300 pagine Katjia non ha trovato nulla che, neppur lontanamente, confermasse le parole di Gabriel. Quindi era un falso che fosse di aiuto alle piccole e medie aziende (a maggior ragione lo sarebbe per noi).
A me ciò che non ha letto Katjia Kipping basta e avanza per confermarmi che il Ttip è da buttare, in primis per il metodo fascista col quale è stato elaborato e secretato in corso d’opera. Che motivo c’era di avere un approccio carbonaro se si volevano, usando le loro parole, «promuovere la protezione dei consumatori, la protezione dell’ambiente, gli standard dei lavoratori?» Mio padre, antifascista e anticomunista, mi ha insegnato che senza trasparenza non c’è democrazia. Perché i Premier europei hanno accettato queste modalità? Perché i negoziatori non si sono ribellati?