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 2016  febbraio 18 Giovedì calendario

Con ventuno deleghe De Magistris si trasforma nell’Arturo Brachetti degli enti locali

Governare il personale e scovare i furbetti del cartellino, dirigere il traffico e preoccuparsi della sicurezza urbana, occuparsi degli acquisti ordinari e utilizzare i fondi europei, incontrare i presidenti delle municipalità e concedere la città onoraria a Gino Paoli o ad Abdullah Öcalan, promuovere l’immagine della città e organizzare grandi eventi, unire in matrimonio le coppie eterosessuali e, se fosse per lui, anche quelle gay. Ventuno deleghe assessoriali. Tante sono quelle accomunate nel tempo da Luigi de Magistris per effetto di continue defezioni o rimozioni. Da quando è stato eletto, il sindaco ha cambiato 26 assessori. E molti se ne sono andati sbattendo la porta. Loro andavano e lui tratteneva le deleghe. È così che si è trovato a ricoprire tante parti contemporaneamente, neanche fosse l’Arturo Brachetti degli enti locali. Apparso sulla scena istituzionale come il sindaco con la bandana, finito a fare il sindaco «di strada» quando fu sospeso per via della legge Severino, oggi de Magistris si propone dunque nella sua ultima interpretazione, quella del sindaco dei record. Nessun primo cittadino ha mai concentrato tanto potere nelle proprie mani. Pisapia a Milano aveva nove deleghe, compresa quella per l’Expo; Marino a Roma appena sei, risultate fatalmente troppe. E se, come si prevede, prima delle prossime elezioni, per ragioni di incompatibilità, a Napoli si dimetteranno altri cinque assessori, allora le deleghe in questione passeranno addirittura da ventuno a cinquanta. Un esito paradossale, evidentemente. Altro, per dirla in positivo, che leader multitasker. E altro, per dirla invece come ai tempi della primavera dei sindaci, che bonapartismo di periferia. La realtà, semmai, è un’altra: quella di una disgregazione progressiva. Governare la terza città d’Italia è difficile di per sé. Farlo in piena stretta finanziaria ancor di più. Farlo come de Magistris senza partiti di riferimento e in perenne conflitto con la propria squadra è appunto da Guinness dei primati.