Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 18 Giovedì calendario

Il debito tedesco salirà al 200%. Lo ha detto Schaeuble

 Può un Paese che sia avvia al secondo anno di pareggio di bilancio strutturale, che ha tassi di crescita attorno all’uno e mezzo per cento, che tra tre anni avrà abbassato il debito quasi al 60 per cento stabilito dal Trattato di Maastricht, che affligge i partner europei con surplus commerciali del sei o sette per cento, che gode nonostante la Grande crisi di piena occupazione, preoccuparsi del suo futuro? Sì, se si chiama Germania. Perché in barba al lungo periodo in cui saremo tutti morti, come dice Keynes, i tedeschi guardano ossessivamente al futuro. E del futuro, hanno appena disegnato un quadro che definire fosco è niente.
Senza correzioni e riforme incisive, il Paese di Angela Merkel è destinato a finire peggio dell’Italia e della Grecia: il suo debito sfonderà la soglia del 200 per cento del Pil attorno al 2055. Per dirla con una fonte governativa: «Il confronto con la Grecia è forse un po’ infelice. Mettiamola così: con qualche anno di ritardo, la Germania segue la dinamica del Giappone». Un gigante economico schiacciato non solo da fattori finanziari o economici, ricorda la fonte, soprattutto anche da un andamento demografico estremamente sfavorevole. E la chiave è proprio il calo e il rapido invecchiamento della popolazione, per capire la dinamica preoccupante dell’economia e della spesa sociale tedesca dei prossimi decenni.
Il rapporto sulla “Sostenibilità delle finanze pubbliche” viene redatto una volta ogni legislatura. L’ultimo risale al 2011. E tiene conto anche di alcuni correttivi importanti – anzitutto l’arrivo di un numero crescente di migranti registrato negli ultimi anni. Ma gli scenari di base sono sostanzialmente due. Il primo è che il tasso di natalità resti quello attuale: 1,4 e l’aspettativa di vita salga di diciotto anni a 90 anni per le donne e di nove anni a 86 anni per gli uomini. Con un flusso di migranti a quota 100mila l’anno (“dopo un periodo ponte fino al 2020” di numeri più robusti), la popolazione tedesca si ridurrebbe di 11,5 milioni di persone (dagli 80 attuali) nei prossimi quattro decenni. Per rendere le finanze pubbliche sostenibili e non farle schizzare verso orizzonti giapponesi, scrivono gli economisti di Wolfgang Schaeuble, questo scenario richiederebbe una correzione delle finanze pubbliche da subito di 3,8 punti, pari a circa 110 miliardi di euro.
Uno scenario meno cupo dipinge una Germania che riesce ad aumentare il tasso di natalità a 1,6 bambini per ogni donna, che stima un’aspettativa di vita meno rosea per donne (88 anni) e uomini (84 anni) e che dopo il 2020 può contare su 200mila migranti all’anno. I tedeschi del 2060 sarebbero quattro milioni in meno e la correzione necessaria, a bocce ferme, varrebbe l’1,2 per cento di Pil, circa 35 miliardi.
Ma le stime del governo “non tengono conto” dell’enorme numero di profughi e migranti in arrivo in questi mesi e negli anni fino al 2020. E gli economisti di Schaeuble ammettono che è difficile fare previsioni affidabili: in teoria, migranti giovani migliorano la curva demografica, ma il rapporto invita anche a distinguere tra migranti economici e profughi. Questi ultimi assorbono anche più spesa sociale, in un primo momento, cioè prima di avere accesso al mondo del lavoro.