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 2016  febbraio 18 Giovedì calendario

La rissa tra i Cinque Stelle per le unioni civili

La rissa scoppia quando la capogruppo grillina Nunzia Catalfo sta dicendo che loro vorrebbero votare le unioni civili senza voto segreto, «e dunque faccio appello ai senatori della destra…». La risposta invece arriva dalla sua sinistra: «Fatelo a voi l’appello!». A rimproverarle il dietrofront sulla Cirinnà è un’ex grillina, seduta a due metri da lei: Alessandra Bencini, ora Idv. L’avesse detto una senatrice del Pd, passi. Ma dai loro ex, che per i pentastellati sono una via di mezzo tra i disertori e i traditori, loro non accettano neanche un buongiorno. «Statti zitta!» le urla Maurizio Santangelo. «Fuori la Bencini!» invoca Vilma Moronese, mentre un’altra grillina si mette le dita in croce sulla bocca per intimarle di tacere. Laura Bottici, che sarebbe un questore di Palazzo Madama, parte per darle una lezione (fortunatamente placcata da un altro questore, Antonio De Poli, dell’Udc). Grasso se ne accorge con un po’ di ritardo, quasi stupito: «Questore Bottici, la richiamo all’ordine! Ma proprio voi questori, che dovreste mantenere l’ordine…».
Clima caldo, anzi rovente, mentre il ddl Cirinnà entra nel congelatore (almeno per una settimana). Nell’aula gli avversari del Pd gongolano. «Il canguro è morto, e dal suo marsupio non sono usciti né polli né conigli» ironizza il forzista Paolo Romani. «Avete fatto gli sbruffoni per una settimana – attacca il capogruppo leghista, Gian Marco Centinaio – e adesso votiamo, se non siete dei cagasotto!». Poi Calderoli, il grande manovratore delle barricate di carta, esce dall’aula dopo aver platealmente stretto la mano a Quagliariello, che fa le pulci a tutte le decisioni di Grasso.
Leghisti, forzisti e alfaniani assaporano l’euforia dello «scivolone», come la Cirinnà chiama la palude in cui è finita la sua legge, giurando di togliere persino il saluto ai grillini: «Io c’ho un brutto carattere – ammette davanti al busto di Garibaldi – e se una persona mi fa una storta non ci parlo più».
Lei va via, e arrivano proprio loro, i grillini: Alberto Airola, l’uomo del gran rifiuto, e Paola Taverna, la pasionaria del Quarticciolo. Davanti alla buvette vengono circondati dai rappresentanti delle associazioni Lgbt, pacificamente incavolati, guidati da Anna Paola Concia avvolta in una sciarpa nera con fiori rossi.
«Ora vi è presa così, sulla nostra pelle!» dice in faccia ai due grillini. «Voteremo la legge – si difende la Taverna – ma non potete sancire i vostri diritti calpestando la democrazia…». Quelli non ci stanno. «Ci state sacrificando sull’altare del tatticismo» ribatte la Concia. E un altro: «E adesso dovremmo stare un mese a sentire Gasparri che insulta Lo Giudice?». Airola a un certo punto perde la pazienza e se ne va, la Taverna resta a tenere il punto, finché il capannello si scioglie per sfinimento reciproco.
Affacciandosi dalla buvette Nicola Latorre, che ormai è uno dei veterani di Palazzo Madama, scuote la testa: «È stato un errore, dare ai grillini un ruolo determinante». Ma ormai la frittata è fatta, e Pier Ferdinando Casini rigira il coltello nella ferita: «L’errore di Zanda è stato quello di voler scegliere gli emendamenti dell’opposizione da cancellare e quelli da votare, questo sì e questo no…». Eppure nel Pd c’è anche chi gioisce, magari in silenzio come Stefano Lepri che attraversa il salone con lo sguardo fiero del vincitore. E i catto-dem ripartono all’attacco: «Bisogna stare calmi» dice Emma Fattorini. «Mente fredda. Non reattiva. Fissiamo delle priorità. Dobbiamo salvare la legge, senza impuntarci sulla stepchild adoption, e rinviare a tempi migliori una riforma delle adozioni». Persino Giorgio Tonini, chiamato in causa dalla Cirinnà come uno dei tre autori del ddl, prende le distanze: «Quando Alfano ha detto sì alle unioni civili purché si tolga la stepchild, dovevamo cogliere al volo l’occasione. È stato uno sbaglio andare a testa bassa, blindarsi su una posizione che a quel punto è apparsa estremista».
Intanto spunta Andrea Marcucci, il padre del «supercanguro». «Sei il più bello di tutti» gli fa la rossa piddina Valeria Fedeli. La Concia annuisce. «Però – aggiunge – dovresti tagliarti questi baffetti. Anzi, facciamo una scommessa: se passa la legge te li tagli. Ci stai?». «Ci sto!» risponde Marcucci. Ma poi si china verso di lei e le sussurra all’orecchio: «Senza la stepchild». «Che paravento!» protesta la Concia. E se ne va.