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 2016  febbraio 17 Mercoledì calendario

Breve ritratto di Fabio Rizzi

È stato senatore, due volte consigliere regionale, sindaco del suo paese, segretario provinciale della Lega a Varese, ma non è un volto noto del Carroccio. Fabio Rizzi è quel che si dice un «uomo nell’ombra», capace però di stare sempre al posto giusto nel momento giusto. Era in casa Bossi, a Gemonio, durante la drammatica riunione dell’estate 2011 in cui l’allora ministro Tremonti e i vertici leghisti decisero il da farsi di fronte all’offensiva dell’Unione Europea sui conti pubblici. E pochi mesi dopo era con Bobo Maroni sul palco della Fiera di Bergamo con la ramazza in mano quando venne dato il benservito al senatur.
Il suo arresto va a colpire al cuore il nucleo di potere maroniano. La Sanità per la Regione è il centro da cui passano i grandi affari, i grandi appalti, e sulla sanità Rizzi aveva carta bianca. Quando l’assessore alla Salute era il forzista Mario Mantovani (arrestato quattro mesi fa) era in realtà Rizzi a tirare le fila della riforma sanitaria di cui il governatore si fa vanto. Aveva voce in capitolo sulle grandi e sulle piccole scelte, sulle nomine dei direttori sanitari e dei dirigenti delle Asl, sulla politica degli investimenti, sulle convenzioni con le cliniche private.
SOSPESO DAL PARTITO
Matteo Salvini, che appena qualche giorno fa aveva tuonato contro i magistrati, non ha neanche speso una parola per difenderlo. Anzi: lo ha sospeso dal partito: «Se ha sbagliato deve pagare». Rizzi del resto è uomo di Maroni, quindi non un «suo» uomo, scaricarlo non dev’essergli costata molta fatica. Il governatore della Lombardia, invece, s’è detto «personalmente ferito», ma anche «incazzato», come se la notizia l’avesse colto di sorpresa: per lui prendere le distanze da uno che ha fortemente voluto al suo fianco è un’operazione assai più complessa.
NELLA LEGA DA 24 ANNI
Ha cinquant’anni, viene da Cittiglio, pochi chilometri dal paese di Bossi. L’anno di svolta della sua carriera professionale e politica è il 1992: si iscrive alla Lega e contemporaneamente viene assunto all’ospedale Sant’Anna di Como come anestesista. Dal punto di vista politico ha la fortuna di venire dal varesotto, vero centro di comando del Carroccio. Ma ha anche l’abilità di stare sempre un passo indietro rispetto alla ribalta del potere, di non esporsi mai troppo, di lavorare nelle segrete stanze del partito. Riesce ad avere buoni rapporti sia con Bossi che con Maroni anche quando i due faticano a rivolgersi la parola.
Nel 2006, a sorpresa, diventa segretario provinciale di Varese grazie a un lavoro capillare nelle sezioni. Nel 2008 riesce a convincere i capi a farsi mettere in lista per il Senato, e viene eletto. Contemporaneamente si candida a sindaco di Besozzo, e viene eletto. Nel 2013 rinuncia alla ricandidatura al Senato perché Maroni lo vuole al suo fianco in Regione. Fino a quel momento sulle questioni sanitarie il Carroccio pendeva dalle labbra di Luciano Bresciani, medico personale del senatur. Bobo di Bresciani non vuole sentire parlare, e si affida allo sconosciuto Rizzi.
Di navigatori come lui il sottobosco della Lega Nord è zeppo. Non per niente, adesso, nei corridoi di via Bellerio raccontano divertiti dei suoi recentissimi tentativi di entrare nelle grazie anche di Salvini. Per avvicinarsi al segretario ha coniugato la sua passione per la Sardegna (dove va appena può e dove ha fondato la prima sezione del Carroccio) e l’ambizione salviniana di «sfondare al sud». Operazione riuscita a metà: la scorsa settimana ha organizzato un comizio del capo leghista a Cagliari, ma c’erano più contestatori che militanti.