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 2016  febbraio 17 Mercoledì calendario

Sono italiani i primi caschi blu del patrimonio culturale mondiale

L’Italia ha costituito, per prima al mondo, una «forza di pronto intervento» che soccorra i Paesi nei conflitti, e difenda il patrimonio culturale: 60 persone. In fila alle Terme di Diocleziano ci sono dieci carabinieri, dei 30 che formano il nuovo reparto. Tuta nera da ordine pubblico, al comando di due capitani: uno è donna. Sulla spalla destra, scudetto tricolore; sulla sinistra, un distintivo tondo. Quello del Comando per la Tutela del patrimonio culturale (un dragone difende il Pantheon), e attorno una dicitura: «Unite 4 Heritage», Unità per il patrimonio. È il primo embrione della “task force” costituita dall’Unesco. Grazie all’Italia, esclama Irina Bokova, il segretario generale: «Altri Paesi ne seguiranno l’esempio». Applaudono quattro ministri: Dario Franceschini (Beni culturali), Roberta Pinotti (Difesa, che riconosce: Franceschini è stato il «motore» del tutto), Stefania Giannini (Università), Paolo Gentiloni (Esteri), che dopo, davanti a due antichi torsi togati, firma con la Bokova l’accordo, denso di profondi significati e valenze.
I COMPITI
Ai carabinieri italiani, definiti «experts» dall’Unesco, il compito «d’intervenire a protezione del patrimonio della cultura» dove occorra, e specie nei Paesi «interessati da conflitti armati». Valutando i danni; condividendo piani di difesa; addestrando personale locale; aiutando a trasferire oggetti culturali mobili, e metterli al riparo e al sicuro; combattendo trafficanti e predatori dell’arte clandestina; inserendo i reperti nel loro «database» di quelli ricercati (è il più vasto al mondo).
Ovviamente, interverranno solo a richiesta dei singoli Paesi, e in collaborazione con l’Onu. A capo, vi sarà «un ufficiale superiore», spiega Tullio Del Sette, comandante generale dei carabinieri; «opereranno in quattro linee: operativa, addestramento, logistico, banca dati». Il primo accordo tra l’Unesco e uno dei Paesi da cui è composto fa nascere i «caschi blu» della cultura, dicono i ministri; però, i veri protagonisti sono loro: i 10 uomini e donne in tuta nera, con l’inedito distintivo al braccio.
L’Italia affiancherà a questi carabinieri tecnici e esperti di diverse specialità; 30 sono già in campo. Forse non per caso, subito dopo tutti sono andati all’Istituto centrale del Restauro, un altro primato che possediamo, il quale (Franceschini) «è già pronto». Da lontano, Antonio Paolucci afferma che «mestieri e saperi del restauro sono l’unico record rimasto all’Italia». Ancora Del Sette ricorda quanto i «carabinieri per l’arte» hanno fatto in passato fuori dai confini: in Afghanistan, o in Irak, dove «hanno salvato 650 siti» e recuperato oltre 1.500 «beni del Museo di Bagdad». Con le cifre dal 1969, quando, «primo reparto specializzato al mondo», il TPC fu fondato: «Oltre un milione e mezzo di oggetti recuperati, 750 mila pezzi di antiquariato e 300 mila falsi sequestrati». Erano 16 in tutto, ora sono 250.
IDENTITÀ
Pinotti: gli «assalti deliberati» alle antichità vogliono «distruggere oggetti identitari», insieme «al diverso e al pluralismo» (Gentiloni); l’Italia è «un solo primo esempio, replicabile»: specie ora che la Corte penale internazionale sta pensando di trattare i crimini contro la cultura come quelli contro l’umanità. «Una nazione è viva quando è viva la sua cultura»: è un cartello affisso sul museo di Kabul nei giorni difficili del 2002. Contemporaneamente, si firma un altro memorandum: a Torino, nasce un centro Unesco, nel Campus Onu che già esiste, per assistere proprio l’Unesco nella sua convenzione del 1972, che protegge il patrimonio: la struttura si integra con i «caschi blu» della cultura; utile, dice il sindaco Piero Fassino, anche per formare il personale della «task force» e dei Paesi coinvolti. Bokova evoca i 51 siti italiani del patrimonio Unesco (nessuno ne ha di più); Gentiloni le 170 missioni di scavo all’estero. Bokova dice che «bisogna difendere la civiltà»; che «siamo testimoni di un dramma mondiale, e di attacchi deliranti contro le minoranze; questo accordo apre un nuovo capitolo della protezione e della tutela: da Roma parte un messaggio forte, una risposta agli estremisti di ogni natura. Il patrimonio non è soltanto la bellezza: bisogna arrestare le distruzioni e i traffici illegali, da cui gli estremisti traggono una cospicua parte delle loro risorse».
LA DICHIARAZIONE
Prodromo del tutto è stata la Dichiarazione di Milano, siglata all’Expo da oltre 80 ministri a difesa dei beni minacciati di distruzione nelle aree di crisi. L’Unesco formerà la «task force», la «Unite 4 Heritage», e l’Onu ne deciderà l’impiego: «Bisogna fare più in fretta possibile», conclude Franceschini. Perché gli Stati possiedono solo i monumenti in forma giudirica: «Ognuno è patrimonio di tutta l’umanità». E l’Italia è già pronta ad accorrere il loro difesa: con la volontà politica; e con 60 persone, per ora, in armi e non, armate del proprio sapere.