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 2016  febbraio 17 Mercoledì calendario

Gli eurocrati di Bruxelles preferiscono che siano i vassalli politici a sporcarsi le mani con le misure impopolari

Sono passati due anni da quando Matteo Renzi si fece eleggere Segretario del Pd con l’unico scopo di poter licenziare Enrico Letta e prendere il suo posto. Quando fai una tal mossa sei destinato a passare il resto del tempo a temere che qualcuno possa fare altrettanto con te, e allora ti convinci di essere circondato da (improbabili) complottisti. Di Letta ho un ricordo sfocato, rimase in carica neppure un anno, mi pare che il suo consuntivo sia stato molto simile al secondo anno di Renzi (il peggiore dei due): cipria.
Curiosamente, col passare del tempo sto rivalutando Mario Monti. Sono andato a rileggermi cosa scrissi di lui. Quando seppi che un bocconiano era stato fatto senatore a vita, quindi candidato a prendere il posto di Silvio Berlusconi (eletto), fui così scioccato che non mi venne in mente null’altro se non andarmi a rileggere due libri che, per associazione d’idee, mi parevano adatti.
Jacques Georgel studiò a lungo, e meglio di altri, il più timido dei dittatori del XX secolo, Salazar, figura per me affascinante per la sua somiglianza con la classe dominante attuale. Salazar morì tranquillamente nel suo letto, come sarà per costoro. A lui si sono ispirati, chissà se a loro insaputa, gli eurocrati.
L’altro era Karl Marx: confesso di non essere mai riuscito a leggere in modo organico il Capitale, saltabeccavo da un capitolo all’altro, sfinito l’abbandonavo, poi lo riprendevo, ma non andai mai oltre un miserabile “petting”. Mi piacque invece il suo pamphlet «Il 18 di brumaio di Luigi Bonaparte».
Curiosamente, dopo un paio di mesi di governo Monti, e della sua imbarazzante sudditanza verso l’Europa, andai a rileggermelo. Avevo visto giusto. Marx ipotizzava che la strategia di Luigi Bonaparte fosse quella del «benefattore patriarcale», colui che cerca di impossessarsi dell’intera ricchezza del paese per trasformarla, apparentemente restituendola, in un obbligo personale nei riguardi di se stesso.
Una sottile strategia per sostituire l’idea di autorità con una forma di governo basata sulla gratitudine dei governati al governante. Il sogno di ogni simil-dittatore, specie di quelli, come oggi, che arrivano al potere non sulla punta di baionette ma in punta di piedi, attraverso burocratiche cooptazioni, prima salottiere, poi universitarie, quindi consiliari (Board), infine alpine (Davos).
Cosa mi è restato nella memoria del suo premierato? Il loden, il sobrio pranzo di Natale in famiglia a Palazzo Chigi, lo sciagurato approccio alle tasse del suo Befera (le buffonate di Cortina, il disastro della nautica), in positivo l’approccio riflessivo ai problemi, soprattutto la riforma delle pensioni, che però fu di Elsa Fornero.
Curioso il destino della professoressa torinese: odiata sia da quelli che non l’hanno capita (tutti i politici, dalla Sinistra, alla Lega, al M5s, al Pd, a pezzi rilevanti della Destra) sia da Renzi, che baserà la sua immagine sulla parola «riforme», nel suo caso involucro del nulla.
Che piaccia o meno l’unica vera riforma resta tuttora quella di Fornero, tutte quelle che seguirono, dai nomi altosonanti, appaiono una successione di aborti spontanei, prima di portare eventuali risparmi portano costi certi. Altrettanto dicasi della “spending review” di Carlo Cottarelli che avrebbe potuto essere e non fu, peggio lui fu allontanato. Fra pochi mesi, quando i nodi verranno al pettine, Renzi si accorgerà dell’errore strategico fatto.
L’esperienza (negativa) del caso Monti ha insegnato agli eurocrati di Bruxelles di mai occupare posizioni di tipo operativo, mai «salire» in campo, come ha fatto Monti, ma rimanere nei tecnocratici siti di Bruxelles, di Francoforte, di Washington, e di lì sussurrare ordini o dare raccomandazioni ai Governi. Come quella, imbarazzante, di ieri di Mario Draghi al parlamento europeo: «Meno tasse, più investimenti (ha specificato pure pubblici), rispettando il fiscal compact». Uno stimolo per qualsiasi ragioniere neo diplomato: chiunque può diventare presidente della Bce.
Questa Classe Dominante non ci fa votare, ci ha rubato tutto, la Bastiglia, il Palazzo d’Inverno, Piazzale Loreto, non sappiamo più dove andare a stanarli, sono inafferrabili, possono essere ovunque, su un aereo di Stato a scorrazzare per i cieli, sul web, in un bunker a manipolare i numeri del bilancio pubblico, a creare algoritmi che svuotino i nostri conti corrente, a scrivere leggi punitive per povere vedove, e chissà cos’altro. Se non li fermiamo (col voto) chissà cosa combineranno. Poi, riflettendo, mi sono chiesto: ma se anche li troviamo, cosa ne facciamo?
Da uomo mite quale sono, io non farei loro nulla, li trovo impresentabili anche come imputati.