Corriere della Sera, 17 febbraio 2016
I docenti che seguivano Giulio Regeni dicono che non c’era niente di segreto nel suo lavoro
È possibile che i «report» di Giulio siano stati passati o venduti a sua insaputa a qualche agenzia di intelligence? Alcuni accademici che lo conoscevano al Cairo affermano di non crederci. Giulio non aveva ancora presentato alcun report, dice al Corriere la sua supervisor Rabab El Mahdi dell’Università Americana del Cairo (Auc). «Le ricerche sul campo per la tesi erano iniziate a settembre, finiva a marzo. Non aveva ancora materiale da dare a me né ad altri. Conduceva interviste, prendeva appunti, poi doveva scrivere le bozze dei capitoli, presto avrebbe iniziato quello introduttivo. Ma non c’era ancora arrivato, non aveva risultati da comunicare. A parte il fatto che i risultati non erano per definizione informazioni segrete».
Giulio aveva due supervisor: Maha Abdelrahman, docente di Studi sullo sviluppo ed esperta di movimenti sociali all’Università di Cambridge, e Rabab El Mahdi, docente di Scienze politiche all’Auc, figura dell’opposizione di sinistra attiva durante la rivoluzione ma che rifiutò un ruolo nel governo di Morsi. Tra le persone che Giulio incontrò l’11 dicembre – durante e dopo una riunione dei sindacati indipendenti su cui scrisse un articolo anonimo su Nena News – c’erano le sindacaliste Hoda Kamel e Fatma Ramadan, entrambe perplesse di fronte all’ipotesi che sia stato ucciso per i suoi contatti. Kamel dice che di contatti Giulio ne aveva tanti, ma anche che il regime conosce già chi lavora nei sindacati, sono tutti monitorati, non ci sono informazioni da vendere. Usato a sua insaputa? «Giulio era intelligente, se ne sarebbe accorto». E poi se le sue ricerche erano così preziose, perché il suo portatile è stato lasciato nell’appartamento?
Il ruolo di El Mahdi «era di aiutarlo a identificare i soggetti delle sue ricerche e fare interviste. Lavorava sui sindacati degli esattori fiscali e dei venditori ambulanti. Li intervistava, partecipava a incontri pubblici». Prendeva appunti assai metodici. «Tipico di ogni ricercatore». Secondo El Mahdi non inviava resoconti sulle riunioni: «Non era richiesto né atteso da nessuno dei suoi supervisor». L’amico ex ricercatore Amr Assaad ci dice che negli ultimi tempi Giulio era un po’ stressato, «voleva scrivere almeno un capitolo». «Nessuno a Cambridge né io gli ha chiesto di intensificare le ricerche o di ottenere specifiche informazioni, e Cambridge pubblicherà una dichiarazione in proposito», sottolinea El Mahdi. Quanto al suo lavoro nel 2013-2014 per Oxford Analytica, compagnia di analisi globale per multinazionali e governi, lei dice di non saperne nulla. «È stato due anni fa».
Il mondo di cui Regeni si occupava non era fatto solo di oppositori. «Né gli esattori fiscali né i venditori ambulanti sono antiregime. Il fondatore dell’agenzia degli esattori Kamal Abou Aitta era ministro di Al Sisi ed è un suo forte sostenitore. Molti ambulanti sono vicini alla polizia. E nessuno di questi due sindacati è stato mai guidato da elementi antiregime».
Quel che è certo è che Giulio amava condividere le idee. «Amava essere seguito nella ricerca», ricorda Amr. Il 1° dicembre su Facebook scrisse: «Questo saggio su “Sviluppo umano e trasformazione statale e politica” mi ha fatto riflettere. Che ne pensate? Il lavoro di Amartya Sen è davvero essenziale per articolare questa tesi sullo sviluppo partecipativo?».