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 2016  febbraio 17 Mercoledì calendario

Truffe nella sanità lombarda: finisce in carcere Fabio Rizzi, ex senatore della Lega e fedelissimo di Maroni

Quando in ospedale entrano gli uomini del «sistema Canegrati», un ex primario del Niguarda segnala al direttore sanitario il caso di una paziente con un tumore alla bocca, morta dopo essere stata curata per un semplice «fungo». Ma a quella segnalazione non seguono provvedimenti da parte dell’ospedale. Anzi, il medico viene sollevato dall’incarico dopo essere stato minacciato di querela. Dalle carte dell’inchiesta emergono anche materiali scadenti, cure inadeguate e controlli pilotati. L’eccellenza della sanità lombarda fa i conti ancora una volta – dopo i casi Maugeri, San Raffaele e l’arresto dell’ex assessore Mario Mantovani – con accuse e manette. Quelle che ieri mattina si sono strette ai polsi di sei persone, mentre altre sette sono finite ai domiciliari (cinque gli obblighi di firma).
Tra gli arrestati, con l’accusa di associazione a delinquere, anche il presidente della Commissione Sanità, ex senatore del Carroccio e «fedelissimo» del governatore Roberto Maroni, Fabio Rizzi. Ma anche il suo braccio destro, Mario Longo, e l’imprenditrice Paola Maria Canegrati, 54 anni, che attraverso una galassia di società specializzate nella gestione di strutture odontoiatriche, era riuscita a mettere le mani su quasi tutti gli appalti delle aziende ospedaliere lombarde dal 2004 a oggi. Tanto che la manager era entrata in società anche con la moglie di Rizzi. Un «sistema» gestiva appalti per quasi 400 milioni di euro, sfruttando i dirigenti degli ospedali e «l’amicizia» con il «papà» della riforma sanitaria lombarda approvata dal Pirellone lo scorso agosto. Una legge che – tra le altre cose – metteva al centro le cure odontoiatriche ospedaliere per tutti e ideata proprio dal presidente Rizzi. Solo che nella realtà, l’effetto per i cittadini è stato ben diverso. Visto che, come nel caso citato di Niguarda, dove il servizio era stato esternalizzato a una società legata alla Canegrati, la salute dei pazienti non è stata proprio la priorità.
«Sono molto inc...», ha detto Maroni in aula. «Perché il lavoro che da anni stiamo facendo per garantire trasparenza, efficienza e una spesa più bassa viene infangato da azioni come queste». Il presidente lombardo ha detto anche di più. E cioè che «in tutta questa vicenda la Regione è parte offesa» e che come tale «si costituirà immediatamente in giudizio, perché la responsabilità è dei singoli». Nonostante le mozioni di sfiducia annunciate dalle opposizioni, Maroni non dovrebbe però correre rischi: nessuna delle forze politiche che lo sostengono ha reali interessi a sgambettarlo. La vicenda ha però infiammato la campagna elettorale per Milano. «Un triste spettacolo a cui assistiamo da troppo tempo», ha attaccato il candidato del centrosinistra Beppe Sala. A cui ha replicato il candidato del fronte opposto Stefano Parisi: «Nella mia squadra di governo ci saranno solo persone di assoluta qualità. Il metodo sarà quello di una collaborazione preventiva con la magistratura esattamente come usava fare Albertini».