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 2016  febbraio 17 Mercoledì calendario

Parte il maxiprocesso sul calcioscommesse (c’è anche Antonio Conte tra gli imputati)

Centoquattro imputati, una sessantina di partite considerate combinate su 200 indagate, centomila pagine di faldoni, la previsione di un centinaio di parti civili e un migliaio di testimoni, un’associazione a delinquere che giocava sui nostri campi e incassava a Singapore: chiunque sia stato tentato di minimizzare la portata di quello che si è scoperto in quattro anni di indagini (e che ha già condotto a centinaia di squalifiche e penalizzazioni in ambito sportivo), dovrebbe fare un salto domani in via dei Tribunali, a Cremona: qui va in scena il primo atto (l’udienza preliminare) del processo al calcio, più che al Calcioscommesse. Il problema, però, tra i patteggiamenti già concordati (una decina, il gup Pierpaolo Beluzzi valuterà se sono congrui), il rischio elevatissimo di prescrizione per molti dei reati (per alcuni già scattato) e il possibile «spacchettamento» delle singole frodi in altri tribunali, è cosa resterà alla fine nella rete.
Ora c’è di tutto nel girone dantesco che il piccolo tribunale di Cremona cercherà di gestire, non senza grandi sforzi organizzativi e con l’aiuto della digitalizzazione del processo e della tecnologia (in assenza di un’aula che potesse contenere tutti, tre stanze sono state messe in collegamento video e audio). Al centro, secondo il pm Roberto Di Martino, c’è l’associazione per delinquere formata dalla banda degli slavi, con i suoi capi Gegic e Ilievski (la confessione di quest’ultimo è un’architrave dell’accusa), che, con le tasche piene di soldi e i modi spicci, frequentavano i ritiri delle squadre alla ricerca di calciatori e dirigenti disposti alla combine; ci sono i volti noti del pallone da Beppe Signori a Cristiano Doni, da Stefano Mauri a Sergio Pellissier, da Massimo Mezzaroma a Stefano Colantuono; ci sono quelli che hanno preso soldi e quelli che si sono voltati dall’altra parte.
C’è, soprattutto, il c.t. della Nazionale, Antonio Conte, rimasto ancora invischiato nel processo per la partita AlbinoLeffe-Siena (1-0, 29 maggio 2011): per l’accusa da allenatore aveva l’obbligo di vigilare sui suoi. Per la stessa gara è stato squalificato dalla giustizia sportiva 4 mesi per un’omessa denuncia. Anche in sede penale l’accusa è simile: il c.t. per il pm «contribuiva all’alterazione del risultato non impedendo l’evento illecito, nonostante il dovere di sorvegliare la condotta morale e sportiva dei calciatori», omettendo di «mantenere una condotta conforme ai principi della lealtà, della correttezza e della probità», come gli impone il regolamento federale. Conte non sarà a Cremona, dove sarà rappresentato dagli avvocati Francesco Arata e Leonardo Cammarata. Il desiderio del c.t. è quello di chiarire tutto prima dell’Europeo, ma è una difficile lotta contro il tempo. Un paio di mesi (per ora sono state fissate udienze fino al 30 aprile) potrebbero non bastare per stabilire chi andrà a processo. Domani si comincerà con la costituzione delle parti civili; poi sarà la volta delle eccezioni preliminari. La prima da affrontare sarà quella della competenza territoriale: se il processo per il reato associativo si terrà a Cremona, molti legali chiederanno che le singole frodi sportive siano giudicate nel tribunale del luogo in cui si è consumato l’illecito. E quindi, anche se gli avvocati di Conte non solleveranno la questione, il c.t. (risucchiato dalle richieste altrui) potrebbe finire a processo a Bergamo o a Siena. Il suo reato va in prescrizione nel 2018: ma per Conte, preoccupato dalle conseguenze mediatiche, non sarebbe trovare una salvezza, quanto lasciare un dubbio. Per l’accusa, invece, la prescrizione è il peggior nemico.