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 2016  febbraio 17 Mercoledì calendario

Com’è cambiato il nostro rapporto con il letame

«Liberaci dal lùame, dalle perigliose cadute dei luamàri così frequenti per i tuoi figlioli e così spiacevoli, liberaci da ciò che il lùame significa, i negri spruzzi della morte...». L’invocazione che in Libera nos a malo Luigi Meneghello metteva in bocca al suo amico Nino, che aveva ritoccato a modo suo la preghiera facendone una supplica in latinorum («Libera nos amaluàmen») contro il letame spiega il rapporto dei nostri nonni con gli escrementi animali. Risorsa, ma anche problema. Problema, ma anche risorsa. C’è anche una svolta culturale, quindi, nella sentenza del Consiglio di Stato che ha dato torto nei giorni scorsi al Comune di Vipiteno/Sterzing che dal lontano 2004 si opponeva al progetto degli agricoltori dell’Alta Valle dell’Isarco decisi a riciclare l’esubero di stallatico con la costruzione di un impianto a biogas. «Oddio, chissà che puzza! E i turisti? Cosa ne diranno i turisti?», saltarono su i vipitenesi privilegiando la «nuova economia». E il Tar, in un primo momento, diede loro ragione. «Macché puzza! Guardate tra i nostri partner chi c’è», risposero gli allevatori: la libera Università di Bolzano, l’Università di Torino, la cantina di Tramin… Come si poteva immaginare un danno alla valle se il progetto Biogas Wipptal, che dovrebbe fornire anche «calore impiegato per l’essiccazione del digestato, un fertilizzante del tutto naturale ed inodore da utilizzare nelle economie locali del settore caseario, frutticolo e vinicolo», era promosso non solo dalla Provincia autonoma e dalla Commissione europea e dal ministero dell’Ambiente ma da una cantina di vini?
Il nodo è che le leggi più recenti non tengono in gran conto i problemi dei contadini, accusano gli autori del progetto: «I numerosi allevamenti di bestiame nei cinque comuni della Alta Valle dell’Isarco generano circa 600.000 chilogrammi giornalieri di reflui zootecnici, che, viste le disposizioni della direttiva nitrati dell’Ue, non possono più essere sparse completamente sulle superfici di proprietà aziendale» come è accaduto per secoli e secoli. Tre alternative: «sopprimere le unità di bestiame in esubero scendendo però sotto la soglia critica di sopravvivenza» (un suicidio) oppure «prendere in affitto nuove superfici agricole (difficili da individuare in Alto Adige)» o infine «espellere il concime trasportandolo per lunghe distanze». Ma ve li immaginate dei treni carichi di letame diretti verso qualche porto del Nord per poi essere smistati da qualche parte del pianeta? Meglio il riuso «a chilometro zero». Buon senso.