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 2016  febbraio 17 Mercoledì calendario

Come funziona la Corte Suprema degli Stati Uniti

La scomparsa del settantanovenne Antonin Scalia, giudice conservatore della Corte Suprema americana, ha introdotto un nuovo argomento di polemica nella campagna per le Presidenziali. I repubblicani chiedono che la sostituzione sia effettuata dal presidente che sarà eletto a novembre. Obama ha la facoltà di procedere direttamente alla nomina? La scelta di una figura progressista che cambierebbe la maggioranza nella Corte, quanto potrebbe incidere nella futura legislazione degli Stati Uniti e nel cambiamento dei costumi di  quel Paese?
Severo Ferrari
severoferrari@alice.it

Prima della morte di Antonin Scalia (figlio di un immigrato siciliano), la Corte Suprema degli Stati Uniti era cosi composta: 2 cattolici irlandesi (il Chief Justice John Roberts e Anthony Kennedy); 2 cattolici italiani (Samuel Alito e Antonin Scalia – entrambi nominati da presidenti repubblicani, entrambi conservatori); 1 donna cattolica ispanica (Sonya Sotomayor, nominata da Obama); 1 nero cattolico (Clarence Thomas, nominato da Bush padre); 2 donne ebree (Ruth Bader Ginsburg, democratica, nominata da Carter; grande amica di Scalia: l’altra ebrea è Elena Kagan); 1 ebreo (Stephen Breyer, nominato da Clinton, che però ha sposato un’aristocratica inglese e ha una figlia che è sacerdotessa episcopaliana). In totale: 6 cattolici e 3 ebrei (non tutti egualmente praticanti). Politicamente sarebbero, in teoria, 5 democratici e 4 repubblicani, ma il Chief Justice è conservatore (sebbene abbia dato il suo appoggio a «Obamacare»). Se Obama ottiene di nominare il prossimo giudice, la Corte Suprema passerebbe decisamente a sinistra.
Frank Rizzo
Roma

Cari Lettori,
Al quesito se Obama abbia il diritto di nominare il successore, il presidente ha già risposto, come ha ricordato Giuseppe Sarcina sul Corriere del 15 febbraio, dichiarando che intende «adempiere alle sue responsabilità costituzionali e nominare il successore nei tempi dovuti». Il problema appassiona l’opinione pubblica americana e gli osservatori degli Stati Uniti perché il velo della ipocrisia è ormai definitivamente stracciato. La Corte Suprema degli Stati Uniti non è la custode di un diritto astratto e i suoi membri non sono giudici imparziali privi di simpatie e pregiudizi. Con ammirevole realismo, gli americani sanno che ogni sentenza può dipendere dalla formazione culturale del magistrato e riconoscono tacitamente al presidente degli Stati Uniti il diritto di colmare i vuoti della Corte con la nomina di persone che hanno con lui una certa affinità ideologica.
Il sistema funziona sui tempi lunghi per due ragioni strettamente collegate. In primo luogo la nomina a vita dei giudici impedisce al presidente di alterare definitivamente gli equilibri della Corte Suprema (Scalia ha passato trent’anni della sua esistenza sugli scanni della Corte). In secondo luogo, la maggioranza della società americana è stata sinora patriotticamente convinta che la democrazia degli Stati Uniti fosse la migliore del mondo e che il sistema di pesi e contrappesi creato dai costituenti bastasse a evitare una deriva autoritaria.
Grazie, caro Rizzo, per il quadro delle componenti culturali e religiose della Corte. Dal suo spaccato emerge una realtà che sarebbe stata nel secolo scorso corso inimmaginabile. Per molto tempo l’America si è orgogliosamente definita «wasp» (white, anglo-saxon, protestant), cioè bianca, anglo-sassone e protestante. Oggi, nella sua Corte Suprema, non vi è un solo giudice che abbia tutte queste caratteristiche.