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 2016  gennaio 16 Sabato calendario

Per la prima volta dai tempi della Grande guerra i residenti in Italia sono calati

All’appello ne mancano centocinquantamila. Scomparsi dalle anagrafi, dalle statistiche, e dunque dalla nostra vita. Nel 2015 l’Italia ha perso centocinquantamila abitanti, numero (enorme) che si ottiene sommando il crollo delle nascite, l’aumento della mortalità, il calo dell’immigrazione, ma anche la fuga degli italiani stessi, giovani e non solo, che scelgono altre nazioni e altre realtà come dimore di vita.
Non accadeva dal 1917, dalla Grande Guerra e dall’epidemia di Spagnola, quando il nostro Paese e il resto d’Europa si trasformarono in un unico grande cimitero, con assai più tombe che culle. Nel 2015, secondo una ricostruzione del demografo dell’università Bicocca, Gian Carlo Blangiardo, il nostro “saldo naturale”, cioè la differenza tra le nascite e le morti, è stato così negativo da riportarci a uno scenario simile a quello della prima guerra mondiale, dove la morte di centinaia di migliaia di uomini fece crollare la demografia spopolando l’Italia. Proiettando i dati dei primi otto mesi del 2015 sull’intero anno, Blangiardo dimostra che facendo la differenza tra i bambini nati, 490mila, e le persone morte, 660mila, i decessi superano le culle di 170mila unità. È quello che si chiama “saldo naturale negativo”, ossia più morti che nati. «Uno scenario drammatico – spiega Blangiardo – non soltanto perché per la prima volta le nascite sono state meno di cinquecentomila, ma abbiamo avuto un’impennata di decessi di cui ancora non sappiamo spiegarci le cause, e questi numeri sono stati soltanto in parte mitigati dagli arrivi degli immigrati, il cui flusso però ha avuto un crollo drastico nel 2015». Alla fine infatti il nostro “saldo naturale” non è di 170mila italiani in meno, ma di 150mila, grazie a un residuale gruppo di 20mila immigrati che si è iscritto alle anagrafi italiane nel 2015. Potrebbe sembrare, quasi, un gioco statistico, ma in realtà lo studio di Blangiardo pubblicato sul sito di “Neodemos” (rivista online di demografia) è la fotografia di un malessere profondo. Una crisi dove la rinuncia endemica alla maternità di moltissime coppie giovani, che ripiegano, spesso tardivamente, sul figlio unico, si somma a una nuova dinamica dei flussi migratori.
«Da una parte ci sono i mancati arrivi degli immigrati, che arricchivano il nostro tasso di fecondità. Dall’altro la fuga degli italiani stessi. Si calcola che ogni anno oltre 130mila abitanti si cancellino dalle anagrafi italiane per mettere la propria residenza altrove». E gran parte di questi nuovi migranti sono giovani laureati, aggiunge Blangiardo, «altrove metteranno radici, formeranno famiglie, contribuendo a migliorare la demografia di quei Paesi…».
Insomma l’anticamera di una “desertificazione” soprattutto giovanile che in molte zone del Mezzogiorno è già una realtà. «Dieci anni fa avevamo flussi migratori di 200mila persone all’anno – ricorda Blangiardo – Oggi siamo soltanto un Paese di transito, visto che nel 2015 gli iscritti stranieri alle nostre anagrafi non sono stati più di 30mila». Resta il mistero dei tanti decessi in più del 2015, mai così numerosi, appunto, in un anno non caratterizzato da eventi bellici.  «Soltanto a distanza capiremo se tutto questo è dovuto a un collasso del sistema sanitario, ormai incapace di dare cure adeguate a una popolazione sempre più anziana».