Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  gennaio 06 Mercoledì calendario

Quel Qe ancora troppo cinese

Anche la Banca centrale cinese (PBoC), come tutte le banche centrali, dispone in teoria e in pratica di poteri e strumenti illimitati, tali da incutere timore e rispetto sui mercati. Così anche ieri, come accaduto la scorsa estate, è bastato alla PBoC un classico reverse repo a una settimana (iniezione di liquidità in forma di pronti contro termine ) per dare ai mercati il segnale che attendevano, la conferma di essere vigile e pronta ad agire. Contemporaneamente, è scattato il “QE alla cinese”, un intervento indiretto già utilizzato nel crollo borsistico estivo, cioè l’acquisto di azioni da parte di fondi ed istituzioni pubbliche finanziate dal Tesoro e dalla stessa banca centrale. Non da ultimo, a tranquillizzare i mercati ha concorso in larga misura ieri la manifestazione di volontà degli organi di controllo sul rinvio della scadenza (prevista l’8 gennaio) del periodo di blocco della vendita di partecipazioni oltre il 5% in società quotate (lock-up scattato con le turbolenze di luglio).
Le sfide per la Banca centrale cinese tuttavia restano enormi come il Pil del paese e non finiscono qui, non si esauriscono con la giornata di ieri e quella del 4 gennaio. Il 2016 deve ancora iniziare ed è adesso che si può fare il grande salto a Pechino, passare dal QE alla cinese messo in atto dopo la crisi estiva a un QE come quello di Bce, Federal Reserve, Banca del Giappone. Questo significa passare da un QE con acquisti indiretti a un QE con acquisti diretti di asset più vari e al tempo stesso un QE più trasparente, più vicino alle pratiche standard internazionali, più in sintonia con le regole dei mercati, e quindi più democratico.
La PBoC sarà chiamata nelle settimane, nei mesi e negli anni a venire a proteggere la stabilità del sistema finanziario, la valuta e la crescita accompagnando con i suoi strumenti la conversione del l’economia cinese dall’export ai consumi interni
Continua pagina 2 Isabella Bufacchi
Continua da pagina 1 Una trasformazione epocale che sta già frenando la galoppata del Pil al quale i mercati sono stati abituati. La Cina inoltre ha avviato una serie di riforme strutturali molto impegnative (le ultime snocciolate dal People’s Daily il 4 gennaio) tali da preoccupare gli investitori in Borsa sul rischio di un contenimento degli stimoli da parte dello Stato per lasciare spazio a un maggior ruolo dei mercati e delle logiche di mercato.
In vista di questa fase delicata di transizione, la PBoC si è preparata nel 2013 e 2014 allungando la lista degli strumenti di politica monetaria a sua disposizione: in aggiunta al tradizionale taglio dei tassi (la Bank of America- Merrill Lynch prevedeva ieri due tagli di 25 punti base l’uno nel 2016) e il calo della percentuale di riserva obbligatoria, oltre ai pronti contro termine sono arrivate le SLF (standing lending facility), le MLF (medium-term lending facility) e il PSL (pledged supplementary lending), tutte forme di prestito di durata più o meno lunga. Fin qui, la politica monetaria è convenzionale. In quanto agli strumenti non convenzionali, la scatola degli attrezzi della PBoC appare vuota soprattutto se confrontata con quella della Banca centrale europea. La Bce nei giorni più bui della crisi del debito sovrano europeo si inventò il Securities Markets Programme e acquistò direttamente i titoli di Stato più bastonati dalla speculazione per ridare stabilità. Il presidente Mario Draghi è poi andato oltre con il “game changer”, le OMTs, gli acquisti da parte della Bce di titoli di Stato emessi dai Paesi che chiedono e ottengono aiuto dall’Efsf/Esm e non riescono a riconquistare l’accesso ai mercati. Infine, la Bce sta orchestando il suo QE tramite acquisto di asset pubblici (PSPP), covered bond (CBPP) e cartolarizzazioni (ABSPP ) con la massima trasparenza sulle tipologie e sulle quantità acquistate oltrechè sui tempi.
La Cina dichiara di essere seriamente intenzionata a riformare il suo sistema economico e finanziario applicando via via le regole dei mercati e ispirandosi alle best practices. Poi però quando arrivano le forti turbolenze e la Borsa crolla e quando le riforme strutturali destabilizzano il di sistema sul breve termine, contraccolpi immancabili in tempi di grandi trasformazioni come sappiamo bene noi nell’Eurozona, le autorità cinesi intervengono con la mano forte pubblica, che genera aspettative distorte e impatti distorsivi (come lo stop alle vendite di partecipazioni azionarie). Meglio allora il QE.