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 2016  gennaio 06 Mercoledì calendario

Viaggio a Capurso, dov’è nato Checco Zalone

CAPURSO (Bari)
Luca, Luca, Luca. E ancora Luca, Medici di cognome. Perché Zalone qui non lo conosce nessuno, o almeno, fanno finta di non conoscerlo. E quindi Luca è bello, Luca è vero, Luca è un genio. E se proprio Zalone deve essere, almeno sia quello vero, Che cozzalone, che cafone, al massimo che tamarro perché un giorno è stato anche a Milano. E non vengano a contare storie: Luca non c’è ma Luca è qui, perché fa ridere, fa compagnia, perché con il cuore non si è mai mosso veramente da Capurso, ci è stato anche a Natale, a pranzo da mamma e papà e c’era anche la zia Lina.
Vengono dei bei giramenti di testa solo a seguirne le orme, solo a rievocarne le gesta, a cercare disperatamente un motivo – fuori dalle mura del paese – di questo suo straordinario, debordante, inarrivabile successo. Perché attorno a lui si muovono personaggi che ne hanno preso un po’ tutti lo spirito, sorridenti, inafferrabili, come puffi del suo presepe.
L’INCIPIT
Le storie tracimano. C’è chi fissa l’incipit di questa favola il giorno della prima comunione di Luca, e un filmino rarissimo sarebbe lì a testimoniarlo: lui che invece di concentrarsi sul gran giorno comincia a fare l’imitazione perfetta di don Franco Ardito, il parroco della chiesa del Santissimo Salvatore. E la zia Lina, sempre nel filmino, che sta quasi per mollargli un ceffone. Ma c’è chi si spinge più indietro, a suoi cinque-sei anni, quando arrivava nei locali al seguito di papà Alessandro, suonatore di tastiere a tempo perso, e cominciava a suonare lui, rubandogli tutta la scena.
ARCHIVIO
Classe 1977, questo Luca Medici. Vuol dire una vita piena di filmini, di registrazioni più o meno arragiate, e poi alla fine di Internet, per dire che niente è sfuggito, ma poco è venuto fuori. Un misterioso, preziosissimo archivio, infatti, è gelosamente custodito dagli amici più fidati di Luca e non c’è offerta che tenga, non c’è catena tv che non si sia vista sbattere la porta in faccia.
Per cui si va a braccio, o al massimo visionando qualche spezzone di cortesia. L’agiografia di Zalone, qui a Capurso – un centro storico delizioso, ma il resto è periferia di Bari-, si è fatta sofisticata e quindi divide già tutto in «periodi». Dopo la prima comunione viene la scuola media, Gennaro Venisti, così si chiamava allora. E lì che fa ammattire il prof di matematica, Bartolomeo Viele. Quindi il «periodo» di Conversano, liceo scientifico Santi Simone, andata e ritorno in pullman, una gag dopo l’altra, gli amici che si scompisciavano, le ragazze che facevano a gara per stargli vicino.
Le raccontano tutti e nessuno queste storie. Ti dicono e non dicono, ma non perché ci siano segreti. Chiedi lumi a Rocco, Rocco Chiodo, suo compagno di banco a Conversano, oggi esperto di comunicazioni e di elettronica e lui sospira: «È sempre stato cosi. È nato così. Ne ho sentite tante da Luca che dopo una battuta riesco a indovinare quella successiva. No, non sono il giudice migliore».
SCELTE GIUSTE
Lo chiedi a Giuseppe De Bellis, oggi vice direttore del Giornale, un altro dei tempi di Conversano, e scrolla le spalle anche lui: «Sai che ti dico? Sono stanco di fare puntualmente il pezzo Io, compagno di scuola...».
Allora lo chiedi a Michele Laricchia, assessore alla Cultura di Capurso, imprenditore, che di questi ragazzi è appena un po’ più vecchio: «Per me è intelligentissimo e ha fatto strada con le scelte giuste».
Tutti e tre sanno, ma non ti daranno mai una virgoletta, che dopo il liceo venne l’università, Giurisprudenza a Bari per Luca Medici, e che a un certo punto lui ruppe con gli studi, salvo poi laurearsi qualche anno dopo. Ecco, quell’intervallo viene oggi ricordato come il «periodo dell’amuchina».
IL LAVORO
Checco Zalone andava in giro a fare il rappresentante di amuchina, proprio come l’aspirapolvere del suo film. Comica anche la realtà, se è vero che si presentarono belli impomatati, lui e un suo complice, da un farmacista di Bari, ma dopo essersi preparati bene la parte si bloccarono, non riuscirono a proferir parola. E così fuggirono a gambe levate.
Già, Bari. La Bari di quegli anni, dove poi Checco Zalone è tornato ad abitare. Dieci chilometri da Capurso, un altro mondo. Suonava alla Bohémienne – continueranno a dirti che è stato sempre più un musicista che un attore – e andava a mangiare da Nathalie, dove il più ciarliero dei camerieri ne parla ancora: «Cominciava sempre chiedendo un antipastino. E che antipastino...». Da Nathalie poi ci è tornato, ci ha festeggiato un compleanno della figlia Gaia, ci ha pranzato con Valsecchi, il suo produttore, e le malelingue dicono che abbia fatto pagare a lui la bottiglia di Sassicaia.
LA CITTADINA
E la piccola Capurso? Quaggiù tutti si chiedono – invece che alambiccarsi su destra e sinistra, come fanno i grandi pensatori nazionali – perché non l’abbia piazzata in nessuno dei suoi film, perché abbia preferito Conversano o Polignano, perché gli abbia riservato solo qualche prezioso ma oscuro riferimento, come quando chiama Capobianco quel maresciallo, proprio come il cognome di sua madre Antonietta. Chi non si tira indietro, chi risponde volentieri al quesito è Gianni Locorotondo, consigliere comunale di Capurso, animatore del gruppo teatrale Maschere e Tamburi, ma soprattutto l’unico del paese che compaia in una piccola parte di Quo Vado?, un’altra storia da raccontare, un’altra faccia di questa commedia umana: «È stato solo per una questione di marketing, ha voluto scegliere località più conosciute. Ma verrà anche il giorno di Capurso».
LA STAR
Gianni è una star, gli chiedono selfie anche se lui nega, s’è fatto crescere una bella barbetta pur di girare indisturbato e ha un bellissimo ricordo di quei giorni: «Feci prima domanda al casting e poi avvisai Luca. Mi presero come comparsa strutturata, faccio anche una battuta. È stata un’esperienza bellissima, sicuramente la rifarei». Locorotondo è andato anche a vederlo il «suo» film, in una multisala di Mola perché a Capurso – che Zalone lo sappia – di cinema non ce ne sono più: «No, nessuno mi ha riconosciuto. Ma sarebbero stato impossibile, c’era tanta di quella frenesia, tanta di quell’attesa».
RINCHIUSO
E adesso Luca dov’è? Lo danno rinchiuso in casa alla Madonnella, nel cuore di Bari Vecchia. Ha gironzolato per la città con Valsecchi questi giorni, ma di cattivissimo umore. Come aveva la luna storta anche la sera del 31, la vigilia dell’uscita di Quo Vado?, quando Gigi D’Alessio l’aspettava in piazza per un saluto e Luca alla fine ha deciso di non andare. Leggenda recentissima vuole che sia tornato in sé solo quando ha ricevuto la telefonata di Renzi: «Sono Matteo...». Luca non se l’è fatta sfuggire: «Mi scusi presidente, sto andando a buttare l’immondizia...». Ma sarà vero?