Libero, 6 gennaio 2016
La Uil denuncia Zalone perché dà un’immagine distorta del lavoratore pubblico
La Uil contro Checco Zalone. Ieri c’era una sola notizia degna di nota, nel polemichificio della politica italiana: Carmelo Barbagallo contro Checco Zalone. Come dire. Il leader del più ministeriale dei sindacati contro il campione del botteghino, una sfida che ricorda i grandi duelli senza tempo: Mazinga contro Goldrake, Maciste nella valle dei farmacisti (dove Barbagallo, ovviamente, è il farmacista). Dice il Barba – che di solito è uomo simpatico e di mondo – con tono veemente e indignato: «La rappresentazione dei dipendenti pubblici italiani fatta da Checco Zalone nel film Quo vado? è una distorsione attuata per anni dalla politica e scaricata sul sindacato». Caspita. Leggendo queste righe, di primo acchitto, si possono ipotizzare solo tre spiegazioni. La prima: Barbagallo non ha visto il film di Zalone, ma durante le feste si è bevuto, da solo, una bottiglia di champagne Cristal millesimato 2005. La seconda: Barbagallo non ha visto il film di Zalone, ma qualcuno nell’ufficio stampa che gli ha scritto il comunicato deve aver bevuto una bottiglia di Champagne Cristal millesimato del 2005. La terza: effettivamente Barbagallo non ha bevuto una bottiglia di Cristal millesimato de 2005, ma sagacemente pensa che questa polemica regalerà un effetto-visibilità al suo sindacato, almeno un titolo sui giornali di domani. Se fosse così, visto che con questo articolo ha ottenuto il suo scopo gradiremmo una bottiglia di Cristal millesimato 2005 omaggio del sindacato (con cui brindare domani nella redazione di Libero).
Se invece, malauguratamente, nessuna di queste tre ipotesi fosse vera, bisognerà prendere sul serio Barbagallo, come se davvero avesse voluto dire quello che ha messo nero su bianco nella sua dichiarazione. Leggiamolo, dunque, in religioso silenzio: «Noi – attacca il Barba – siamo un sindacato moderno e riformista e pensiamo che chi non lavora fa un danno a tutti gli altri che ogni mattina si alzano per andare a lavorare. Noi – aggiunge con tono vibrante – siamo per essere duri: non difendiamo i fannulloni ma vogliamo rinnovare i contratti». Ma il segretario della Uil non si ferma qui: ricorda – non richiesto – che il numero di dipendenti pubblici è sceso di 300 mila unità ma questo taglio non ha comportato una riduzione della spesa pubblica: «Forse perché -insinua – hanno utilizzato tanti consulenti, magari della Bocconi».
Lette con grande e sussiegoso rispetto queste righe, la prima domanda che sorge spontanea è: bene, d’accordo, tutto questo con il film di Zalone non c’entra una Beneamata mentula. Nel film, infatti – a voler essere filologici – la strategia parodistica di Checco a tutela del suo agognato posto fisso non è suggerita da nessun sindacalista della Uil Pubblico impiego (quello si che sarebbe stato uno spotttone) ma dallo straordinario personaggio del politicone prima repubblica, alias Lino Banfi. È lui, infatti, che regala a Zalone – nel corso della sua battaglia contro i tecnocrati rigoristi ministeriali che lo vogliono spingere ad abbandonare il suo impiego alla Provincia in cambio di una buona uscita – i tre consigli cult 1) «Resistenza strenua alla richiesta di dimissioni» 2) «Aspettattiva ad oltranza» 3) Interrogato mentre si trova a letto, in un momento cruciale del film, con una lucida e fenomenale risposta: «Checco, non c’è altra via: malattia».
Ed è così che Checco, mentre Sonia Bergamasco, demoniaca (nel senso di Crudelia) dirigente ministeriale lo insegue persino sotto le lenzuola per farlo dimettere, lui si tocca la pancia e mormora: «Malattiaaaa!». Se Zalone avesse voluto fare un regalo alla Uil, Checco avrebbe dovuto chiamare Angeletti (sarebbe stato un cameo cult). Purtroppo, all’ottimo Gennaro Nunziante, regista e demiurgo di zalonia, in fase di sceneggiatura, questa folgorazione è mancata. Nel film, per grande disdoro di Barbagallo, non si menziona la Uil funzione pubblica, non si menziona il sindacato, non si menziona Angeletti (e purtroppo) nemmeno Barbagallo.
Non solo: se l’ufficio stampa di Barbagallo avesse visto il film, avrebbe potuto spiegare al segretario che il cuore di Quo Vado?, l’ultima intrigante scintilla di cattivismo (malgrado il finale posticcio di copertura buonista) è che Zalone e Nunziante, sotto sotto, rimpiangono sia la Prima repubblica che il posto fisso. A rigor di logica, quindi, si sarebbero dovuti arrabbiare i Grillini o i rottamatori Renziani, vero bersagli della satira zaloniana. Ma evidentemente non hanno avuto nè il riflesso brillante del nostro Beneamato Barba, e nemmeno una bottiglia di champagne Cristal millesimato del 2005 sotto mano.
Purtroppo, mentre scrivo queste righe mi viene un sospetto atroce: Barba mi ha fregato, e in realtà la Uil è stata arruolata da Pietro Valsecchi per una campagna promozionale occulta del film. Strategia geniale, colpo andato a segno.
In questo caso, sia chiaro, la bottiglia di Cristal millesimato 2005, domani, alla redazione di Libero ce la deve spedire Valsecchi.