il manifesto, 6 gennaio 2016
Il caso di Tony Drago, 25 anni, morto in una caserma romana. È un suicidio per l’esercito, non per la sua famiglia
Antonino Drago aveva 25 anni. Si era arruolato nell’esercito come volontario, primo passo per poter accedere ai concorsi per entrare in polizia, il sogno di un giovane alto un metro e novanta che aveva come modello i giudici anti-mafia Falcone e Borsellino. È morto un anno fa, a Roma, nella caserma dove prestava servizio come caporale.
Suicidio, ha subito sentenziato l’esercito. Ma la famiglia non ci crede e da oltre un anno, dal 6 luglio del 2014, quando il corpo di Tony fu trovato senza vita nel cortile della caserma Sabatini dell’8° reggimento Lancieri di Montebello, combatte perché la Procura indaghi sulla morte misteriosa del figlio. Tony era entrato nell’esercito un anno prima, partito da Siracusa, dopo la laurea in Scienze dell’Investigazione a L’Aquila e dopo aver ottenuto il brevetto di paracadutista. «Era tornato a casa per due settimane, a giugno – racconta al manifesto la madre, Rosaria Intranuovo – Stava bene, era allegro, usciva con gli amici. Niente che potesse far pensare a pensieri suicidi. Era rientrato a Roma il 29 giugno: pochi giorni dopo è stato trovato senza vita. Noi non ci arrendiamo: tramite i nostri avvocati abbiamo chiesto l’apertura di un fascicolo alla Procura, siamo in attesa che venga nominato il Gip. Spetta a lui decidere se archiviare o meno il caso».
La famiglia Drago vuole che si indaghi perché sono troppi i lati oscuri intorno alla morte di Tony: il suo corpo è stato trovato all’alba del 6 luglio, in pantaloncini e infradito, con il volto verso terra e le braccia a protezione del torace, tipica posizione assunta dai paracadutisti al momento del lancio. Secondo le prime ricostruzioni, Tony si sarebbe lanciato dalla finestra dei bagni in disuso del secondo piano. Per motivi personali: Antonino era in crisi con la fidanzata, Federica, dice l’esercito dopo aver preso visione del computer e il telefono del ragazzo. Una motivazione, per la famiglia, troppo debole per giustificare il suicidio.
«Ci hanno detto che si era buttato dalla finestra. La dottoressa Siciliano che per prima ha visto il corpo ha parlato di “precipitazione e folle gesto” – continua la madre – Ma noi avevamo già dei dubbi per cui abbiamo chiesto che all’autopsia partecipasse anche un medico di parte civile. L’esame è stato compiuto al Gemelli dal dottor Senati, nominato dal pm Galanti, e il dottor Bartoloni, per la parte civile. Nelle 12 pagine finali hanno scritto che Tony è morto per la caduta e che sulla schiena aveva dei graffi vecchi di 3 o 4 giorni. Aveva anche una ferita alla testa». Ma l’autopsia non ha detto tutto, mancanze su cui la famiglia punta il dito: «Non è stato mai condotto un esame tossicologico, né prelievi di tessuti o epidermide. Non viene indicata nemmeno l’ora della morte e ai nostri legali è mai stato permesso di visitare la caserma solo un mese dopo, il 6 agosto. Quando ci sono riusciti, erano scortati da dieci militari».
Tre mesi dopo la scomparsa del figlio, Rosaria è entrata in quella caserma. Ha visitato il bagno dalla cui finestra si sarebbe lanciato Tony. Le avevano detto che il giovane era salito su una sedia per potersi buttare: «Il corpo è stato trovato a 5 metri di distanza dall’edificio. Come ha fatto ad arrivare così lontano saltando da una sedia? Doveva prendere la rincorsa per spingersi così in avanti. E il suo corpo, mi hanno ripetuto due suoi commilitoni, era troppo “perfetto», composto, con le mani a protezione del viso e le infradito ancora ai piedi».
E poi ci sono quei segni sulla schiena, graffi e lividi, e il tatuaggio che si era fatto a memoria del terremoto de L’Aquila sfregiato con un taglio. Ad intervenire in merito è stato il dottor Giuseppe Iuvara, esperto consultato dalla trasmissione «Chi l’ha visto», a cui ha preso parte lo scorso mercoledì Rosaria Intranuovo: «Gli interrogativi sono molti – ha spiegato il medico nell’intervista televisiva – La posizione del corpo, con le braccia a protezione del torace come fanno i paracadutisti, e non aperte come un aspirante suicida; l’assenza dell’esame tossicologico, sempre compiuto in caso di suicidio; il mancato rilevamento della temperatura corporea, il parametro più attendibile per determinare l’ora della morte. Dalla descrizione sullo stato del corpo si può dedurre che sia morto dalle 8 alle 6 ore prima del ritrovamento, ovvero intorno alle 1 di notte». Eppure i militari in stanza con Tony hanno dichiarato di averlo visto nella camerata fino alle 6 del mattino.
«Sulla testa sono state trovate due ferite – continua il dottor Iuvara, la cui analisi concorda con quella di altri cinque medici legali consultati dalla parte civile – Ma non sono fratture “a mappamondo”, tipiche di una caduta. Sono due buchi prodotti da un oggetto dalla forma definita. Inoltre è stata riscontrata una frattura della sesta vertebra toracica che si verifica quando si cade all’indietro e non in avanti. Le abrasioni sulla schiena? Risalgono ad almeno tre giorni prima».
«Le incongruenze sono troppe – ci spiega Rosaria – Le testimonianze dei commilitoni, le manchevolezze dell’esercito. Questo caso non può essere chiuso. In quella caserma è successo qualcosa: uno scherzo finito in tragedia, nonnismo. Non lo sappiamo, ma siamo sicuri che Tony non si sia ucciso. Qualche tempo prima si era lamentato dell’atmosfera che regnava in caserma, diceva di voler essere trasferito. Ora chiediamo alla Procura di indagare: i nostri legali Cugini, Uricchio e De Paolis hanno presentato un rapporto di 26 pagine. Vogliamo sapere cosa è successo il 6 luglio del 2014».
«Tony era un ragazzo dal fisico imponente e dalla mente determinata ad arrivare ai suoi obiettivi – ci dice Alfredo Pappalardo, marito di Rosaria e secondo padre per Antonino – Seguiva tutti i processi di mafia, in mente aveva Falcone e Borsellino. Lo Stato non ha saputo proteggerlo dentro la caserma, un luogo dove esiste violenza, fisica e psicologica. Tony è morto in una caserma prestigiosa della capitale, era nello squadrone di rappresentanza. Noi italiani viviamo in uno stato di polizia. Si sente dire che siamo in uno Stato di diritto: allora per giustizia e civiltà lo Stato non può e non deve aver timore di ricostruire la verità. Tony è stato assassinato».