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 2016  gennaio 07 Giovedì calendario

La giornata di Sala candidato sindaco

L’Epifania del candidato inizia alle otto e mezzo del mattino in corso Sempione, fra centauri brianzoli, easyrider del Varesotto, valentinirossi ticinesi, poliziotti in Guzzi e perfino alpini bergamaschi su un’Ape ribattezzata «asino meccanico» e attrezzata per la distribuzione di vino. È la Befana dei motociclisti, che detta così può sembrare uno scherzo e invece è una vecchia tradizione benefica milanese. Qui spunta Beppe Sala, l’eroe di Expo in missione nazionalpopolare per accreditarsi come prossimo sindaco «di sinistra» di Milano. E, inaspettatamente, funziona.
Intanto perché lo riconoscono, se non tutti, molti, magari senza ricordarsi come si chiama, però «tel chi, c’è quello di Expo». E poi perché l’algido tecnocrate, tutto sommato, si sa muovere. E allora via con le frasi che tutti si aspettano («La passione per la moto? Ce l’ho!»), avanti con i selfie con le befane a due ruote, forza con la foto a cavallo della Lambretta d’epoca. Certo, siamo lontani dalla scioltezza battutara dei due Mattei, Renzi & Salvini, ma Sala non se la cava affatto male.
Però il problema d’immagine, come sempre, ne nasconde uno politico (e viceversa). Chi vince le primarie del Pd, il 7 febbraio, diventa quasi sicuramente sindaco, perché il centrodestra è nel marasma, i grillini hanno una candidata deboluccia (e poi Milano non è Roma) e Passera non passerà. Ora, alle primarie i candidati sono tre: gli assessori uscenti di Pisapia, Pierfrancesco Majorino e Francesca Balzani, entrambi di sinistra certificata e garantita, da bollino rosso, e appunto Sala, che ripete un giorno sì e l’altro pure che lui di sinistra è sempre stato, però faceva il city manager di Letizia Moratti e fu messo a Expo da Bruno Ermolli, due più berlusconiani di Berlusconi. Quindi Sala è strafavorito ma non sicuro di farcela, come riassume lui con una franchezza, questa sì, ben poco politica: «Per vincere bisogna che alle primarie vada a votare più gente possibile, non solo gli iscritti al Pd. E che Pisapia continui a fare il garante, senza schierarsi». Anche perché tutti sanno che la sua candidata è Balzani, amatissima dalla sinistra chic con tanto di pubblico appello, come negli Anni Settanta sì belli e perduti, pieno di firme dei frequentatori dei salotti più democratici, antifascisti ed eleganti. Fra i motociclisti spunta appunto lei, Balzani, perfettamente a suo agio. E una donna che gira senza calze la mattina del 6 gennaio è sicuramente tosta.
Quindi per Sala urge cambiare l’immagine da manager competente ma freddo. «Io però ho già imparato, a Expo, a gestire i bagni di folla. Certo, stavolta ho due handicap: i tempi brevi nei quali è maturata la mia candidatura, e una certa sua trasversalità», modo elegante di dire che la sinistra-sinistra non lo ama mentre il centro e magari pure il centro-destra alle elezioni «vere» potrebbero votarlo. Intanto, sim Sala bim: i maghi della comunicazione gli hanno apprestato un programma che più popolare di così non si può.
Dunque, subito al teatro Carcano per un’altra Befana, stavolta quella dei vigili, «eroi di Expo» per i quali «nutro affetto da tempi non sospetti», e «i loro magnifici bambini», e giù applausi. Prima del prossimo appuntamento, c’è tempo per passare da casa (genere milanese sobrio-elegante, arte contemporanea, ritratto di Galimberti, colori chiari, tanti Adelphi) a ripassare qualche dossier e magari a spiegare le priorità amministrative. Ne scelga tre, Sala: «Primo: la metro. Confermare la linea 4 e allungare il servizio fino a Monza. Così non servirebbe estendere l’area C. Secondo: lavorare con la Regione sulle case popolari. A Milano ce ne sono 70 mila, ma 10 mila sono sfitte o occupate abusivamente. Terzo: investire insieme a privati in cultura. Manca un marketing cittadino».
Poi è tempo di ripartire, direzione il «Principe di Savoia» dove i City Angels offrono un pranzo a duecento senzatetto serviti a favor di telecamere da un po’ di soliti noti cittadini (però, strada facendo e parcheggio cercando, si scopre che il sciur Sala in effetti Milano la conosce benissimo, una specie di tomtom umano: «Vuol dire – se la ride – che se mi andrà male farò il tassista»). La nemesi lo aspetta in sala da pranzo, perché il primo clochard al quale il superinterista Sala porta il risottino indossa una maglietta del Milan. Però poi si può scattare l’attesa foto con tutti i candidati a sindaco in versione camerieri solidali, i tre piddini, la grillina Patrizia Bedori, Corrado Passera e già che ci siamo anche Alessandro Sallusti, che forse correrà per la destra. Profezia di Sala: «Aspettano di vedere come andranno le nostre primarie. Se le vincerò io, metteranno un candidato di bandiera, appunto Sallusti. Se le vincerà un altro, un candidato politico e anche forte».
Però adesso bisogna fiondarsi in Sant’Eustorgio, a far atto di presenza a un pranzo a porte chiuse con prelati di peso e altri cattolici influenti. Sistemato il sacro, rotta profana e molto periferica su Quarto Oggiaro, destinazione il circolo Arci «Itaca» per un altro pranzo con tombolata, e qui rispetto alle posate d’argento del «Principe di Savoia» siamo davvero su un altro pianeta. Confessi, Sala, che in un Arci non era mai entrato... «Qualche volta invece sì. Però lo sa che un sondaggio di Pagnoncelli dice che vado meglio nelle periferie che in centro? Perché qui c’è bisogno di qualcuno che decida, che faccia e che risolva un po’ di problemi. Se sia più o meno di sinistra e quanto, interessa di più ai salotti». Infatti l’accoglienza è cordiale, a parte qualche rosso antico educato ma per nulla convinto. Sala replica subito all’Aldini, plurimedagliata società di calcio dilettantistico dove gli aprono perfino la stanza dei trofei. E pacche sulle spalle, strette di mano, selfie, sorrisi, complimenti, baci, abbracci. La dura vita del candidato di sinistra (e anche di quelli di destra, per la verità...)