La Stampa, 7 gennaio 2016
Consigli a braccio
Dal giorno in cui uno xenofobo l’ha pugnalata, la sindaca di Colonia è circonfusa da un alone giustificato di laica santità. Ma il consiglio che ha dato ieri alle sue concittadine – di tenersi a distanza di un braccio dagli sconosciuti – assomiglia tanto a un segnale di resa. A originarlo è stata la gazzarra di Capodanno, quando centinaia di giovani maschi nordafricani hanno derubato e palpato le ragazze tedesche nella piazza della stazione dove si stavano sviluppando i festeggiamenti. Il retaggio tribale di certi individui non può essere messo sullo stesso piano di un incendio o di un altro fenomeno naturale da cui proteggersi rimanendone prudentemente alla larga. A Capodanno le donne di Colonia si sarebbero tenute molto volentieri a un braccio, a cento braccia, da quei trogloditi. Sono stati loro a prendere l’iniziativa di accorciare le distanze. Ma se anche riconoscessimo la sensatezza della precauzione, al prossimo atto di violenza collettiva (e impunita), cosa pensa di consigliare alle vittime, la signora sindaca? Di rinunciare alle gonne o di infilarsi direttamente dentro uno scafandro di stoffa pur di non titillare gli ormoni di certe personalità ipereccitabili?
Da qualche tempo in Occidente le consuetudini tribali hanno ceduto il passo all’imperio della legge. È una conquista ancora instabile ma certamente non piccola e sarebbe indecoroso rinunciarvi per quieto vivere travestito da malriposto dovere di ospitalità. Non si può fare arretrare la civiltà per fare avanzare l’integrazione.