la Repubblica, 7 gennaio 2016
Sono 8,3 milioni gli italiani che hanno cambiato abitudini dopo i fatti di Parigi. Quando la paura ti chiude in casa
Evitano i viaggi all’estero, i cinema e i luoghi affollati. Se possono, non prendono la metro, i treni, tanto meno gli aerei. Qualcuno salta perfino le uscire serali. Sono i “contagiati dalla paura”: un esercito di 8,3 milioni di italiani che modifica quotidianamente le proprie abitudini sotto la minaccia del terrorismo. Le più impaurite sono le donne tra i 35 e i 44 anni, che vivono nelle regioni del Centro, soprattutto a Roma. Pochi (il 24%) chiedono la chiusura delle frontiere, molti di più invocano la «creazione di una forza europea che bracchi i terroristi ovunque nel mondo».
A fotografare la «crescente paura dell’altro» è un’indagine del Censis, che prova a indagare «le ragioni dell’onda populista che sta investendo le società europee». I ricercatori hanno sondato le preoccupazioni di un campione nazionale di cittadini nelle settimane successive alle stragi del 13 novembre a Parigi. I risultati? Il 65,4% degli italiani ha modificato le abitudini per timore di attacchi terroristici. Più nel dettaglio, il 73% evita di fare viaggi all’estero, in particolare in Paesi a rischio attentati. Più di tutti rinunciano i giovani tra i 18 e i 34 anni (il 77%). Il 53% evita luoghi simbolo, potenziali bersagli di attentati, come monumenti, stazioni ferroviarie e piazze. Il 52,7% si tiene alla larga da cinema, teatri, musei, concerti. Il 27,5% non prende più la metropolitana, il treno o l’aereo. Il 18% evita addirittura di uscire la sera. Non tutti sono ugualmente allarmati: c’è chi ha modificato solo un comportamento quotidiano e chi quattro o più (il 15,9%). Sono quest’ultimi i “terrorizzati”: ben 8,3 milioni di persone che hanno stravolto la proprie abitudini, ridefinendo percorsi, luoghi del tempo libero, modalità di trasporto. «È come se gli attentati al caffè e allo stadio di Parigi – scrivono i ricercatori del Censis – avessero instillato nel cuore degli italiani la convinzione che il pericolo viene anche dallo stile di vita e dal modo di gestire gli spostamenti». E dunque la riduzione del rischio passa anche da scelte individuali.
«Il numero non elevatissimo di partecipanti all’apertura del Giubileo in piazza San Pietro – si legge nella ricerca – dimostra che la paura ha generato la ritrosia a partecipare a eventi pubblici anche di grande rilievo e pacifici, come prolungamento della più generale scelta di evitare luoghi affollati».
E ancora: gli attacchi terroristici hanno aumentato le diffidenze verso i “nuovi italiani”. Tra il 2010 e il 2015 è infatti cresciuta dal 12% al 31% la quota di cittadini convinta che l’immigrazione sia un problema. Oggi il 56,4% dei migranti professa una confessione cristiana, poco più di uno su quattro (26,3%) è musulmano. Ma agli italiani gli islamici paiono molti di più. Non solo. Il 44% ha una opinione negativa della religione musulmana. La quota dei giudizi negativi è del 45% tra chi non ha mai avuto rapporti con cittadini islamici, ma rimane alta (41%) anche tra chi ha relazioni quotidiane. «La sperimentazione diretta – commentano gli analisti Censis – attenua in misura molto moderata il giudizio negativo».
Diverse le risposte invocate da chi ha paura. E non sempre semplicistiche. Il 44% degli italiani chiede la creazione di una forza europea che fermi i terroristi ovunque nel mondo. Il 38,6% ritiene essenziale aiutare le forze democratiche e laiche dei Paesi arabi. Il 27% vorrebbe che fossero inasprite le pene per i terroristi arrestati. Il 26% propone di investire contro il disagio sociale nelle periferie e tra gli immigrati. Il 25,8% suggerisce di sostenere ovunque gli islamici moderati, nemici di quelli estremisti. Poco più del 24% chiede di chiudere tutte le frontiere, incluse quelle tra i Paesi europei. Il 17,7% spinge ad attaccare militarmente lo Stato islamico in Siria e Iraq. Il 13% infine vorrebbe vietare la preghiera degli imam estremisti e nelle moschee non autorizzate. «Insomma, le soluzioni neo-populiste come la chiusura delle frontiere – sottolineano i ricercatori del Censis – passano in secondo piano rispetto a soluzioni più mature di governance globale, anche sul terreno dell’ordine pubblico e dell’intelligence».