Corriere della Sera, 7 gennaio 2016
L’Italia è un pugile che si batte in una categoria nettamente inferiore al suo peso
Mi riferisco alla lettera sul tema «Londra sì o Londra no nella Unione Europea» (Corriere, 29 dicembre 2015). Personalmente avrei preferito leggerla sul tema «Italia sì o Italia no nell’Ue. Posto che sono stato, forse ingenuamente, entusiasta dell’idea di questa unione, sino a quando non si è rivelato il suo carattere germano-centrico, per non parlare delle imperdonabili carenze in materia di difesa e politica estera. In particolare, poi, è un fatto che siamo il 27° Stato dell’Ue, ossia l’ultimo, quello che conta come il due di coppe. Ma allora, a queste condizioni, non sarebbe meglio diventare il 51° Stato degli Stati Uniti? Dico questo perché immagino i vantaggi che ci offrirebbero, a parte Obama, pur di avere uno Stato Usa nel Mediterraneo, strategicamente posto da Dio tra Nord e Sud, Est e Ovest del mondo : una portaerei di 2.000 kilometri. Certo poi ci siamo anche noi italiani.
Gianfranco Ciucci
franco ciucci2@yahoo.it
Caro Ciucci,
Siamo la quarta potenza industriale dell’Ue, non il suo 27° membro; e molte delle attenzioni critiche che ci vengono riservate a Bruxelles dipendono dal nostro peso economico e dalla gravità degli effetti che una nuova crisi italiana avrebbe per il futuro dell’Unione. Siamo anche il Paese che ha avuto un ruolo cruciale in alcuni fondamentali passaggi della storia istituzionale dell’Europa, dalla Conferenza di Messina del 1955 al Consiglio europeo del Castello Sforzesco di Milano nel 1985.
È certamente vero tuttavia che l’Italia nell’Ue è oggi l’esatto opposto della Gran Bretagna. Mentre Londra, come diceva John Major, è un pugile che si batte in una categoria superiore al suo peso, l’Italia partecipa alla gara in una categoria nettamente inferiore alle sue potenzialità. A chi dovremmo darne la colpa se non ad alcuni vizi storici di cui non riusciamo a sbarazzarci? Non giova alla nostra credibilità europea, ad esempio, il fatto che il Sud non riesca a spendere i soldi stanziati dall’Europa per le sue regioni meno sviluppate. Non giova alla nostra reputazione che tutte le principali statistiche nazionali segnalino l’esistenza di due Italie a cui è quasi sempre impossibile applicare le stesse norme politiche, economiche e civili. Vi è qualcuno davvero convinto, nel mondo della politica italiana, che tutti questi problemi verrebbero risolti se il Paese non fosse più membro dell’Unione Europea?
Quanto all’idea di fare dell’Italia un membro della federazione americana, le ricordo che la proposta fu avanzata per la Sicilia da qualche gruppo isolano dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Bisognerebbe anzitutto chiedere agli americani se siano interessati ad acquisire un nuovo fratello, non facilmente governabile, a parecchie migliaia di chilometri dalle loro coste. Risponderebbero che le basi militari di cui dispongono sul nostro territorio sono più che sufficienti.