la Repubblica, 6 gennaio 2016
Tsipras di nuovo nei guai per la riforma delle pensioni
Da una parte il giudizio, ben poco flessibile, dei creditori. Dall’altra la tenuta della maggioranza di governo, sempre più risicata. E senza alcun sostegno ipotizzabile dalle opposizioni. È una strada molto stretta quella della riforma delle pensioni di Alexis Tsipras. La più delicata tra le misure di risanamento a cui la Grecia si è impegnata lo scorso luglio, in cambio del terzo piano di salvataggio internazionale da 86 miliardi di euro. Il testo della legge è pronto, e ieri è stato inviato al quartetto costituito da Bce, Commissione, Fondo monetario e Fondo salva-stati (Esm). Con i quali nei prossimi giorni le trattative, per stessa ammissione del governo ellenico, si annunciano «dure».
Che il sistema pensionistico greco sia «sull’orlo del collasso», lo ha riconosciuto anche Tsipras. Su come recuperare già dal 2016 1,8 miliardi di euro, un punto di Pil, le ricette sono però diverse. Dopo aver alzato a 67 anni l’età pensionabile, la bozza presentata ieri da Atene prevede ora di abbassare i tetti massimi delle nuove pensioni da 2.700 a 2.300 euro, per quelle erogate da un solo ente, e da 3.680 a 3.000 euro per chi somma più assegni, mentre il limite minimo, con 15 anni di contributi, viene fissato a 384 euro. Inoltre i sei principali fondi pensione del Paese verranno fusi in un’unica entità.
Per chi si è già ritirato però gli interventi sono minimi. E anche per i nuovi pensionati la sforbiciata è inferiore alle richieste dei creditori. L’ex Troika suggerisce un tasso di sostituzione, il rapporto tra l’assegno e l’ultimo stipendio, del 50 per cento. La bozza lo fissa al 60 per cento (con tagli fino al 30 per cento sulle somme attuali), coprendo la differenza con un’imposta sulle transazioni finanziarie e, soprattutto, con l’aumento delle contribuzioni a carico di imprese (+1 per cento) e lavoratori (+0,5 per cento).
Più nuove entrate e meno risparmi, insomma. Ma secondo i creditori una misura del genere minaccia di scoraggiare le assunzioni. Su questo punto, sabato scorso, Tsipras ha già annunciato battaglia: «Non intendiamo soccombere a richieste non ragionevoli e non eque». Ma la protesta contro gli oneri extra imposti alle aziende viene anche dall’interno, dalle file di Nuova Democrazia. Come il resto delle opposizioni, anche i conservatori, che avevano votato a favore dell’accordo di salvataggio, hanno dichiarato che non appoggeranno questo testo. Un problema per Tsipras quando verso metà mese, dopo il negoziato con i creditori, il testo dovesse approdare in Parlamento. Lì la maggioranza del premier è già ridotta a 153 deputati su 300. E sulle pensioni potrebbero esserci nuovi smottamenti nell’ala sinistra di Syriza o tra gli alleati nazionalisti di Anel. Fragili equilibri, a cui fa da sfondo l’allarme del governatore della Banca centrale greca, Yannis Stournaras, secondo cui il Paese faticherebbe a sostenere un nuovo periodo di incertezza.