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 2016  gennaio 06 Mercoledì calendario

C’è una foto del killer di Piersanti Mattarella

Palermo. Dopo trentasei anni da quell’Epifania abbiamo ritrovato un’immagine che non ci hanno mai fatto vedere. Un fotofit sepolto nel faldone numero 178 dell’inchiesta sull’omicidio del presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, uno dei grandi delitti eccellenti italiani. Una foto fantasma per un killer fantasma.
«Anni 22-24 circa, statura m.1,65, capelli castano chiari, bocca e naso regolari». Una ricostruzione fotografica del viso del sicario è confusa fra i primi atti compiuti dalla polizia sul luogo dell’esecuzione, senza una nota o una spiegazione. È un fotofit appiccicato alla polvere di un fascicolo aperto il 6 gennaio del 1980, giorno della morte di un uomo che voleva cambiare la Sicilia e che si è spento fra le braccia del fratello diventato molto tempo dopo Capo dello Stato.
Una foto rimasta nei cassetti, testimoni mai interrogati, indagini pilotate per coprire chi voleva fermare un personaggio politico pronto a cacciare mafiosi dal suo partito – la Dc – e dai centri di potere dell’isola. Trentasei anni di sospetti intorno a uno dei misteri meglio custoditi di Palermo. Il killer che sparò a Piersanti Mattarella è rimasto senza volto. Un caso unico per gli omicidi siciliani, dove si è sempre saputo tutto sui sicari e nulla o quasi sui mandanti. Un dettaglio che non è un dettaglio e che spinge oggi l’avvocato della famiglia Mattarella, Francesco Crescimanno, a tornare sull’inchiesta: «Io continuo a credere che il killer del presidente fosse Cristiano Fioravanti, anche il giudice Falcone non aveva dubbi. Ma Fioravanti è stato assolto. Però, questo caso non può restare irrisolto: si potrebbe tornare a indagare sui depistaggi, per comprendere il coacervo di interessi, fra mafia e ambienti della destra eversiva, che probabilmente maturarono attorno alla morte di Piersanti Mattarella». Di tempo ne è passato tanto. L’unica certezza giudiziaria, arrivata con la condanna dei soliti noti della Cupola, è che Mattarella fu assassinato per la sua opera di rinnovamento. I boss convocarono in Sicilia persino Giulio Andreotti per metterlo in guardia. Poi il delitto. E le indagini che non portarono lontano.
Il cartellino della Scientifica con gli indizi sul killer fantasma – è in cima a uno scaffale di metallo nelle viscere dell’aula bunker dell’Ucciardone. Il fotofit ha due versioni, una con gli occhiali e l’altra senza. «Occhi di ghiaccio», come li descrisse la vedova del presidente, Irma Chiazzese, che aggiunse: «Aveva l’andatura di un orso». E sorrideva, mentre sparava. Scrissero alla Scientifica: «Indossava giacca a vento celeste, pantaloni attillati, scarpe beige». Questo fotofit – chissà perché – non è mai stato divulgato. Ai giornali fu passato invece un identikit, disegnato sulla base delle indicazioni di due scout che passavano da via Libertà.
Nel faldone numero 178 ci sono altre foto scattate dalla Scientifica. C’è una piccola folla intorno alla Fiat 132 di Mattarella. Ma, a scorrere il primo rapporto della squadra mobile e dei carabinieri, sembra che ci sia davvero poca gente in quella via alle 12,50 del 6 gennaio 1980. Nel rapporto vengono citati solo sei testimoni. Un uomo e una donna di passaggio, un residente della zona, i due scout e un loro amico. Ma solo due testi forniscono «indicazioni utili» sul killer.
Quella mattina c’erano però tante altre persone in via Libertà mentre l’assassino scaricava la sua pistola. Le cronache dei quotidiani raccontano di più – molto di più – di quanto è contenuto nel primo rapporto consegnato alla magistratura. In via Libertà c’era anche un testimone davvero particolare, il medico Giovanni Mercadante, un radiologo che sta scontando in carcere una condanna per mafia. Era il medico di fiducia di Bernardo Provenzano, nel 2001 è stato eletto deputato per Forza Italia alla Regione. A citarlo è un piccolo quotidiano, il Diario (una fotocopia dell’articolo del 7 gennaio l’abbiamo ripescata fra le carte dell’avvocato Giuseppe Zupo), nella minuziosa cronaca di Angelo Mangano: «Scrissi che Mercadante era stato uno dei primi ad arrivare, vide il killer sparare, mi disse che l’uomo che lo aspettava su una Fiat 127 indossava un pullover scuro». Nel delitto Mattarella questa è l’unica testimonianza che esiste sul complice del killer. Ma Mercadante non è mai stato interrogato. Ricorda il giornalista Mangano: «Eppure era stato un funzionario della squadra mobile a indicarmi un gruppo di testimoni. E intervistai altri due medici». Nel rapporto della polizia non ci sono neanche loro. Dimenticanze? O altro? Il capo della Mobile del tempo era Giuseppe Impallomeni, tessera 920 della loggia P2. Il capo della Criminalpol era Bruno Contrada, il superpoliziotto poi condannato per mafia.
Il giornale L’Ora del pomeriggio del 7 gennaio riporta la notizia di un uomo «col cappotto e le scarpe di ginnastica», notato da alcuni testimoni sul luogo del delitto. Qualche giorno dopo,
precisa: «Un funzionario della questura ci ha informato che quell’uomo era un poliziotto». Chi era questo testimone? Mai identificato.
riferisce anche il racconto di un agente che si trovava all’interno della residenza prefettizia, a cinquanta metri dal luogo del delitto: «Mi sono precipitato in strada dopo aver sentito sette spari, ho visto un’auto della polizia». Particolare davvero singolare. Un altro testimone, l’edicolante, giura che la prima auto della polizia è arrivata un quarto d’ora dopo l’omicidio. C’erano o non c’erano dei poliziotti mentre il killer sparava? Nel primo rapporto non c’è scritto. Un rapporto evasivo. Intenzionalmente evasivo?