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 2016  gennaio 06 Mercoledì calendario

Il 1959, quando era tutto nuovo. I frigoriferi, la televisione e Fidel Castro

I primi di gennaio del 1959 anche Fidel Castro, fresco di rivoluzione a Cuba, era nuovo di zecca. Quasi come i frigoriferi, le televisioni in salotto, le Seicento in garage e i minimi salariali che fanno capolino per la prima volta nei contratti di lavoro degli italiani. Nell’anno fatidico – che torna con corsi e ricorsi nei bollettini dell’Istat perché da allora il Belpaese non è più andato in deflazione – si vive in una nazione uscita dalla guerra e sull’orlo del boom.
Eravamo i cinesi degli anni Sessanta: con prezzi in calo perché la festa stava solo cominciando, con il petrolio a un paio di dollari al barile, il lavoro low cost (ma allora non si diceva così) e la dinamica del Prodotto interno lordo a ritmi stellari: +6-7%. Numeri per cui qualunque premier occidentale contemporaneo sarebbe disposto a fare carte false, ma che oggi si vedono solo dalle parti di Pechino e Mumbay.
L’Amarcord del nostro 1959 è fatto di foto in bianco e nero delle utilitarie Fiat, capaci di trasportare, senza cinture e senza airbag, nuovi destini collettivi e privati. In quel periodo, per la prima volta, i connazionali impiegati nell’industria e nei servizi superano gli addetti al lavoro agricolo. Una Seicento per viaggiare incontro al futuro costava 590 mila lire, tredici stipendi di un operaio, mentre oggi una city car senza grosse pretese ne vale sette-otto. Fra il 1959 e il 1964 saranno completati i 700 chilometri di Autostrada del Sole che collegano Milano e Napoli. Se a metà degli anni Cinquanta le quattro ruote in circolazione erano settecentomila, dieci anni dopo si può parlare di preistoria del traffico, con cinque milioni di vetture per le strade.
Il 25 maggio una corrispondenza da Roma del quotidiano britannico Daily Mail parla di «miracolo economico». Una locuzione fortunata, che accompagna il Paese per anni, anche se la mortalità infantile e le aspettative di vita sono inferiori a quelle di cui si gode oggi, al netto della crisi e delle incertezze prodotte dal welfare in ritirata con cui si fanno quotidianamente i conti.
Lo slancio del 1959 non è solo economico. È anche sociale e intellettuale. L’Italia, quell’anno, fa il bis con i premi Nobel. Salvatore Quasimodo vince quello per la Letteratura, mentre lo scienziato Emilio Gino Segrè si aggiudica quello per la Fisica con la scoperta dell’antiprotone. Pure il cinema raddoppia e produce miti intramontabili. A Venezia il Leone d’Oro viene assegnato a «La Grande Guerra», il capolavoro di Mario Monicelli, premiato ex aequo con «Il Generale della Rovere» di Roberto Rossellini, in marzo Federico Fellini inizia a girare «La dolce vita».
Il premio Strega del 1959 va a «Il Gattopardo», che diventa il primo best seller italiano con oltre 100 mila copie vendute. Quante profezie nel romanzo pubblicato un anno dopo la morte di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che narrerà per sempre la possibilità e l’impossibilità di cambiare davvero. Notevole il contributo del 1959 anche alla cultura pop, indispensabile per cantare sotto la doccia nei decenni successivi. «Ciao, ciao bambina un bacio ancora e poi per sempre ti perderò..»: Domenico Modugno e Johnny Dorelli sbancano Sanremo con «Piove», mentre Adriano Celentano si prende la rivincita al Festival di Ancona molleggiando «Il tuo bacio è come un rock». Tra il 1951 e il 1959 i consumi privati crescono del 5%, mentre tra il 1959 e il 1963 galoppano all’8%. Nel quinquennio in cui l’Italia sogna e lavora come non mai (1958-1963) le famiglie con un frigorifero passano dal 13% al 55%, mentre quelle col televisore crescono dal 12% al 49%. Tra il 1959 e il 1960 gli abbonati Rai, quelli con il posto in prima fila per i telegiornali e «Canzonissima» diventano due milioni: nel 1954 erano meno di centomila.
Nel 1959 l’Italia dice addio a Don Luigi Sturzo, fondatore della Partito Popolare, mentre Aldo Moro viene eletto segretario della Democrazia Cristiana. Papa Giovanni XXIII annuncia il Concilio Vaticano II.
Le ragazzine cullano le prime Barbie, nate anche loro nel 1959, la mamme non sono più solo casalinghe. Il lavoro chiede tutela: in ottobre arriva una legge che parla di minimo sindacale e di estensione erga omnes dei contratti collettivi. Tra cinquantasei anni, corsi e ricorsi permettendo, scriveremo che nel 2016 c’era una volta il Jobs Act...