Il Sole 24 Ore, 3 gennaio 2016
Le grandi opere gli italiani le fanno in Qatar
Alle 23.15 di un giorno feriale di dicembre, il volo della Qatar Airways da Milano a Doha è completamente pieno. Ma solo una manciata di persone si ferma all’aeroporto Hamad International. Tutti gli altri stanno solo facendo scalo tecnico per ripartire verso l’Asia. Il Qatar è diventato l’hub di smistamento per chi va in estremo Oriente: è a metà strada e i biglietti sono decisamente più economici rispetto ai voli diretti. Peccato che quei passeggeri non possano fermarsi ad apprezzare la grandiosità dello scalo: 510mila metri quadrati di design futuristico, completamente arredato dagli italiani. L’Italia sbuca a ogni angolo in questa arida penisola di sabbia, un tempo poverissima e disabitata.
Cercate le Grandi Opere? Sono qui in Qatar, mica in Italia; ma le costruiscono gli italiani. La capitale di uno degli Stati più ricchi al mondo (quasi 100mila dollari l’anno di reddito/pro capite) seduto su una montagna di petrolio e gas, assomiglia a una Manhattan in costruzione: grattacieli che svettano sul mare e gru ovunque. I costruttori italiani hanno invaso il paese, a colpi di appalti. Merito, anche, dei contestatissimi (perché si giocheranno di inverno in mezzo ai campionati) e controversi (per il sospetto di tangenti versate alla Fifa) Mondiali di Calcio del 2022. Saranno soltanto tra sei anni, ma la capitale Doha e tutto il paese sono già da tempo un immenso cantiere.
Gli emiri, nel caso specifico la famiglia Al-Thani, un clan di origini tribali che regge il paese da metà dell’800, non amano perdere tempo e vogliono che tutto sia pronto e pure collaudato molto prima. Sono così in anticipo che l’aeroporto, in attesa dei turisti e non solo di transiti, è già pronto. Per la facciata esterna, 200mila metri quadrati di vetro e acciaio, hanno voluto espressamente la veneta Permasteelisa (oggi di proprietà della conglomerata giapponese Lixil). Poi, hanno chiesto anche gli interni (altri 60mila metri quadrati), dalle sale vip per la business class ai banconi informazioni agli altoparlanti e i corrimano. Sette anni di lavoro e un conto da 3 miliardi di Rials (circa 800 milioni di euro) per la più grossa infrastruttura mai costruita nel paese. Un’opera colossale di ingegneria e design che rimarrà lo stato dell’arte in fatto di aeroporti per i prossimi 50 anni. Anzi, in Permasteelisa, sono sicuri che «non si costruirà mai più nel mondo un altro aeroporto: costerebbe troppo (anche per gli emiri, con il petrolio colato a picco, Ndr)» e il livello di difficoltà tecniche e sofisticatezza di ogni minimo dettaglio è irripetibile.
Entro il 2020 l’aeroporto sarà anche collegato dalla metropolitana con il centro città. In una metropoli che affoga di traffico (ogni famiglia ha in media 8-10 auto e tutte Suv) e che dovrà ospitare (anche se solo per un mese circa) milioni di tifosi, il trasporto urbano è diventato un serio problema. Problema a cui l’emiro spera di ovviare con la costruzione di 4 (o forse 5 ) linee di metropolitana. I cantieri stanno procedendo in contemporanea, ma il più importante e complesso è la Red Line North, la linea più lunga: 13 chilometri per direzione, con 7 stazioni. Costo complessivo: 2,3 miliardi di dollari per cinque anni di lavori. Doha è una città sorta dal nulla, in mezzo al deserto: la soluzione più semplice sarebbe una sopraelevata, come a Dubai. Ma la famiglia Al-Thani ama le cose in grande stile: la metro (almeno nel tratto cittadino) sarà tutta sottoterra. Il motivo ufficiale è che non amano ponti (in effetti, non si vede mezzo svincolo o sopraelevata in città). Questo, però, aumenta a dismisura i costi e le difficoltà ingegneristiche (scavare un tunnel nella sabbia con temperature proibitive): l’appalto lo ha vinto il consorzio ISG guidato da Salini Impregilo, uno dei pochi ad avere le competenze tecniche. Il troncone fuori dal centro, dove la metro sarà invece sopraelevata, lo costruirà un’altra italiana, la Rizzani De Eccher.
Il cantiere più grande, però, deve in realtà ancora partire: è quello per gli stadi. Ne servono 6 (o addirittura 7) e finora è stata bandita una sola gara, quella per lo stadio di Al-Khor, città a nord del paese. E anche qui è stato premiato il know-how italiano: bis di Salini (in tandem con la friulana Cimolai). Una struttura da 70mila posti, ma «smontabile» perché finiti i Mondiali servirà una capienza da 30mila persone. Il costo è anche qui faraonico: 700 milioni di euro (in Europa è la metà), perchè dovrà essere totalmente chiuso (per raffreddare l’aria).