Il Messaggero, 3 gennaio 2016
Breve storia dei saccheggi dal 2004 avanti Cristo a Palmira
L’antico si distrugge per vendetta, per invidia, per lucro, per fanatismo, per religione. Da sempre. I terribili scempi compiuti dall’Isis, o se preferite dal Daesh (e non solo da loro), letti insieme a quelli dei tempi più remoti, ad ogni latitudine e in qualsiasi secolo, e compiuti anche da Roma: per capire che non sempre la storia è una maestra di vita, e oggi viviamo qualcosa che è già accaduto. L’idea poteva venire unicamente a Paolo Matthiae, per 50 anni professore alla Sapienza di Roma, per 47 impegnato a scavare Ebla, che ha scoperto in Siria nel 1964 e dove da cinque anni non può più andare: troppo pericoloso. Il suo libro “Distruzioni, saccheggi, rinascite: gli attacchi al patrimonio artistico dall’antichità all’Isis” si legge con la voracità di un romanzo, ben scritto e pieno di notizie.
STATUE D’ORO E D’ARGENTOLa distruzione più antica è forse quella di Ur, la città di Abramo e della famosa ziqqurat, sorta verso il 3000 a.C. ma rasa al suolo dagli elamiti nel 2004 a.C.: un’impresa che è cantata in un componimento sumerico pochi decenni dopo, e due millenni più tardi, quando solo il mito ne tramanda la memoria, da Luciano nel “Bellum civile”. Sei secoli avanti Cristo, il profeta Isaia annuncia la rovina di Babilonia, scelta come capitale da Alessandro il Grande (muore nel palazzo di Nabucodonosor II): avviene in quel secolo. Sennacherib d’Assiria racconta negli Annali la propria distruzione di Babilonia, nel 689: «La sgominai come un uragano, il saccheggio fu completo». Altre memorie 50 anni dopo, ma di Assurbanipal: 14 città reali distrutte, tra cui Susa, nell’Elam, 36 statue di sovrani riportate in trionfo, «fatte d’oro, argento, rame e marmo»; nel 612, Nabopolassar giustizia Ninive: resta un «cumulo di rovine».
RICCHI BOTTININel 146 a.C. Cornelio Scipione Emiliano piange davanti alla demolizione di Cartagine: non per pietà del nemico, spiega Tito Livio, ma per la caducità della fortuna umana e il suo rapido mutare. Alle distruzioni delle città, s’accompagnano i saccheggi e i ricchi bottini; ma oggi, anche gli scavi di frodo. Plutarco racconta il trionfo di Emilio Paolo dopo la guerra nell’Epiro (è anche in un dipinto di Carle Vernet al Metropolitan): dura tre giorni, il primo solo per esporre le statue, i dipinti e le immagini, «trasportate su 250 carrette». Lungo l’elenco delle razzie romane in Grecia; ma nel nome di una città e di uno Stato, mentre Cicerone (che pure vi acquistava opere per la propria collezione) accusa Verre perché ha prelevato tesori in Sicilia per «casa sua e in quelle dei suoi amici». Ci sono tangenti e tangenti (almeno ora), ma anche bottini e bottini. Nel 209 a.C., a Taranto, Quinto Fabio Massimo risparmia i santuari (spiega: «Lasciamo ai tarantini i loro dei adirati»), ma preleva per il Campidoglio l’Eracle di Lisippo, alto cinque metri.
In tempi più vicini, l’impero Moghul in India è fondato da Babur nel 1530, dopo la distruzuione di Delhi nel 1398 a opera di Tamerlano (salvi solo i monumenti islamici, tutti quelli anteriori distrutti); cancella il tempio di Rama per costruire la sua moschea: rasa al suolo da fanatici Hindu nel 1992, per vendetta. Sparita, in Persia, la biblioteca del liberale Akbar, sul trono dal 1556: constava di 24 mila volumi. La IV crociata, fatale a Costantinopoli nel 1204: «Strazio inferiore solo alla crudelissima distruzione di Baghdad da parte del mongolo, nel 1258», «un bottino così gigantesco da equivalere ai bisogni finanziari di uno dei maggiori regni europei di allora per 10 anni».
I CASTELLI REALILa caccia all’oro nel Nuovo mondo: sparito il 90 per cento di quello del Perù. L’intolleranza religiosa causa guai dappertutto: con il cristianesimo, i vescovi intransigenti (pare non Costantino) spianano i templi pagani, e a Gerusalemme, su quello di Afrodite nasce il Santo Sepolcro; nel XVI secolo, colpite Francia e Olanda: Ronsard chiama gli ugonotti «locuste dell’Apocalisse»; nel 1790, l’Assemblea Nazionale decreta la fine dei castelli reali eccetto Versailles: «Degradati nel tempo, dispendiosi per la manutenzione inutile»; giù le 28 statue di Notre-Dame: credute dei reali di Francia, erano i re di Giuda ricordati nel Vangelo di Matteo; risparmiate solo tre di Luigi XIV. Fa più danni la Révolution delle Guardie Rosse. Coventrizzato il 95 per cento di Dresda dalle bombe nel 1945.
Poi l’elenco delle malefatte islamiche di oggi, dai Buddha di Bamiyan fino ai recenti sconquassi a Palmira. I fenomeni si accompagnano: appropriazione equivale a sradicamento; ad essa si uniscono di solito gli scavi illeciti, e autentici saccheggi; è caccia ai tesori nascosti, per il loro valore unicamente patrimoniale: senza rispetto per la cultura e le origini, per l’antichità che incarnano. Matthiae sa che non è immune neppure Ebla, dove i satelliti mostrano tende dei militari: «Il pericolo sono i bombardamenti». Si ricorre al «rimedio ultimo e disperato della riproduzione; serve per soccorrere agli eccessi della fruizione quando non peggio: si sostituisce la tecnica alla storia. Senza alternative, accettiamo il simulacro pallidissimo del falso per supplire alla perdita, possibile o perpetrata, dell’originale».