Il Messaggero, 4 gennaio 2016
Centodieci anni fa nasceva Stachanov, quello dello stacanovismo. Per chi non la sapesse, questa è la sua storia
Chissà cosa avrebbe pensato Marx di Stachanov, il minatore che fu eletto a metà degli anni Trenta “eroe nazionale” dal regime comunista dell’Unione Sovietica e che era nato giusto centodieci anni fa, il 3 gennaio 1906? Il pensatore di Treviri, già nei Manoscritti economico-filosofici, aveva teorizzato il comunismo come la definitiva “liberazione dal lavoro”, un “regno della libertà” ove ognuno avrebbe potuto lavorare a piacimento e secondo le proprie capacità e a tutti sarebbe stato dato secondo i propri bisogni. Una cuccagna.
Ed ora invece la sua utopia, calata nelle pieghe della realtà, aveva dovuto fare i conti con la necessità di superare l’arretratezza storica di un paese, la Russia, che non era passato per la fase capitalistica e perciò secondo l’originaria dottrina non avrebbe potuto aspirare al comunismo ("una rivoluzione contro il Capitale”, definì Gramsci quella sovietica). Un paese che aveva bisogno di una “industrializzazione forzata” e che perciò elevava a proprio simbolo, con Stachanov, l’uomo-macchina, l’automa instancabile che, grazie a una ferrea disciplina e organizzazione del lavoro, era riuscito ad aumentare la produttività fino a quattordici volte.
LA PROPAGANDA
Il 31 agosto 1935 Stachanov aveva infatti estratto 102 tonnellate di carbone in 5 ore e 45 minuti: roba da Superman. E da quel momento il regime, additandolo ad esempio, lo elesse homo sovieticus per eccellenza, portandolo in giro per il paese e cercando di generare, attraverso lui e una capillare propaganda, la “sana emulazione socialista”. Con una paradossale eterogenesi dei fini, il regime nato per superare l’"alienazione” degli esseri umani creava in laboratorio l’uomo alienato per definizione: tanto lavoro e poco pensiero (a pensare per tutti, e a decidere della vita di tutti, c’era il “buon padre” Stalin).
IL TAYLORISMO
Sarebbe sbagliato pensare però che l’ideologia del lavoro, che è poi sempre quello manuale, sia stata una prerogativa sovietica: il taylorismo delle fabbriche di automobili Ford in America non era in qualche modo anch’esso una forma di razionalizzazione del lavoro umano? Il Novecento è stato, comunque è ovunque lo si consideri, il “secolo del lavoro”, tanto che persino la nostra Costituzione lo celebra come il fondamento della Repubblica.
Si trattava di un lavoro contingentato, rigido, che lasciava poco spazio alla gratificazione e alla libertà umane. Disumanizzante.
I SINDACATI
Eppure, alla prova dei fatti, il capitalismo, anche grazie all’azione di sindacati non politicizzati, ha saputo autocorreggersi, il socialismo invece non solo non si è realizzato ma ha lasciato macerie e disastri. Dopo tutto è giusto essere stacanovisti sul lavoro, ma è mille volte meglio esserlo per fini privati e non per quelli stabiliti da un partito.
L’"eroe” Stachanov fini malamente, fra i fumi dell’alcol: non resse a una popolarità indotta e non cercata. Una popolarità di regime, falsa come lo è sempre quella dell’ideologia.