La Stampa, 4 gennaio 2016
Consigli da Ballotta, che ha giocato fino a 44 anni
In campo fino a 44 anni e 60 giorni. Marco Ballotta è lassù, sul tetto della speciale classifica di chi ha spinto sempre più in là il momento dei saluti.
C’è un segreto?
«Il segreto è la passione per il calcio. Ma, da sola, non basta per giocare fino a quarant’anni ed oltre...».
Passione più...
«L’importante è sentirsi utili al gruppo, alla squadra. Utili significa capire che c’è ancora bisogno di te, della tua esperienza, delle tue conoscenze e, soprattutto, delle tue prestazioni. Le trappole, però, sono molte».
A lei è capitato di pensare che qualcuno la considerava di troppo?
«Sì. Avevo da poco compiuto i 40 anni e mi dicevo che era arrivato il momento di dire basta. Poi mi si presentò l’occasione del Treviso e sapete come è andata? Siamo saliti dalla serie B alla A ed io mi regalai, forse, il miglior campionato della mia lunga carriera...».
Consigli a Totti, Toni e Di Natale?
«Nessuno. Stiamo parlando di fuoriclasse del pallone, di giocatori che hanno la classe per rimanere protagonisti nel nostro campionato...».
Usciti di scena loro, però, resta la sensazione che i quarantenni nel pallone ce ne saranno sempre meno...
«Questo di oggi è un calcio che punta molto sulla fisicità: più si va avanti e più contano anche i muscoli. Forse è vero: in futuro sarà più difficile trovare chi continuerà fino ai quarant’anni con i riflettori accesi addosso...».
Facciamo un salto indietro: Ballotta che si allena a 44 anni e tutto attorno “colleghi” con la metà degli anni...
«Non mi è mai pesato. E, allo stesso tempo, nessuno me lo ha fatto pesare: in campo non conta l’età, bisogna pensare con la stessa testa...».
Nessun consiglio a Totti, Toni o Di Natale. Ma è meglio prepararlo un addio a questa età o deve essere un percorso naturale?
«Ognuno la pensa a modo suo. Per me è stato naturale: come dicevo prima, quando non senti più la stessa considerazione di prima è meglio staccare la spina...».
La sua è stata una carriera interminabile...
«Intensa, bella, straordinaria anche perchè lunga. Ho avuto la possibilità di affrontare più di una generazione di avversari e di giocare con compagni giovani e giovanissimi rispetto a me».
Oggi Ballotta dove lavora?
«A Castelvetro, a due passi da casa mia, a Modena. Faccio l’allenatore dei portieri in Eccellenza, ma, fino all’anno scorso, facevo anche il tecnico e, poi, il dirigente».
E il giocatore?
«Basta (sorride, ndr). Ho chiuso nella Lazio, in Champions League: mica male...».